Decreto 7 dic. 2011 - La signora non autosufficiente ricoverata in casa di cura può vedere il proprio cane affidato ad altri.


Con decreto del 7 dicembre 2011, il giudice tutelare del Tribunale di Varese, Giuseppe Buffone ha stabilito che non si può impedire ad una persona anziana non autosufficiente ricoverata in una casa di cura di vedere il proprio cane, anche se la struttura lo vieta. Lo ha stabilito precisando che nel caso in cui l’Ads della signora non possa garantire visite periodiche con l’amico a quattro zampe, dovrà essere nominato uno speciale ausiliario per questo compito.


Decreto 7 Dicembre 2011

Trib. Varese, Ufficio Volontaria Giurisdizione, decreto 7 dicembre 2011 (g.t. G. Buffone)

La persona beneficiaria versa in condizioni cliniche particolari che richiedono l’intervento di una amministrazione di sostegno, atteso che questa versa in una situazione patologia non emendabile: diabete mellito di tipo 2, spondicolodiscoartrosi lombare, cardiopatia, osteoporosi; per effetto del quadro patologico in essere, la persona beneficiaria non è in grado di gestire con sufficiente autonomia gi atti di vita quotidiana, inclusi gli atti minimi, anche se conserva lucidità mentale ed appare capace di intendere e di volere.

L’attuale situazione comporta anche la necessità di creare liquidità, essendo la beneficiaria proprietaria di immobili, alcuni lasciati al non uso, che, se monetizzati, produrrebbero in favore della proprietaria fondi per sostenere con serenità il costo della retta della Residenza in cui allo stato allocata.

Durante l’esame, la persona beneficiaria ha richiesto di aderire al ricorso (proposto dai Servizi Sociali che hanno in cura il soggetto vulnerabile) ma ha espresso alcuni desideri. Tra questi, quello di potere mantenere un rapporto stabile con la migliore amica, alla quale, tra l’altro, è stato consegnato il cane di compagnia della beneficiaria, da cui questa si è dovuta separare: la beneficiaria, infatti, su sollecitazione dei medici, si è trasferita in casa di assistenza e cura, non potendo più badare da sola a sé stessa e, però, nella residenza in cui ora alloggiata, non è consentita la permanenza di animali.

Il cane è stato, dunque, consegnato all’amica e la beneficiaria chiede che a questa vengano demandati compiti relativi all’animale stesso, come portarlo in giro e, soprattutto, condurlo dalla beneficiaria periodicamente perché questa possa vederlo.

Nell’amministrazione di sostegno non è prevista la possibilità di un coamministratore (v. Trib. Varese, decreto 13 luglio 2010) ma, nelle concrete modalità gestionali nessuna norma esclude che l’amministratore possa avvalersi di ausiliari: è vero il contrario. L’art. 411, comma I, c.c. richiama espressamente l’art. 379 c.c. che, al comma II, prevede la possibilità per il tutore di avvalersi di una o più persone (per la cui nomina, se stipendiate, occorre l’autorizzazione del giudice tutelare).

Ebbene, nel caso di specie, non potendo l’amica svolgere il ruolo di amministratore (perché necessario un ruolo tecnico-giuridico, dovendosi provvedere ad alienare immobili e a gestire i rapporti amministrativi con il Servizio sociale) è però vero che questa potrebbe essere designata come ausiliario affiancato all’amministratore. Deve, però, verificarsi se l’interesse al rapporto con il cane giustifichi una specificazione dei compiti de quibus nel decreto e un ausiliario in tal senso. Questo giudice reputa che debba essere offerta risposta positiva.

In primo luogo, deve, oggi, ritenersi che il “sentimento per gli animali” costituisca un “valore” e un “interesse” a copertura costituzionale: secondo gli scritti della manualistica penale classica, solo gli interessi a copertura costituzionale giustificano la tutela penale (quale extrema ratio) e, nel caso di specie, proprio a tutela del “sentimento per gli animali”, il Legislatore, nel 2004 , ha introdotto i delitti di cui agli artt. 544-bis – 544-sexies c.p., così dovendosi ritenere che, in base all’evoluzione della coscienza sociale e dei costumi, il Parlamento abbia ritenuto che un tale sentimento, costituisse oramai un interesse da trarsi dal tessuto connettivo della Charta Chartarum, in particolare dalla previsione sempre-viva dell’art. 2, aperto al soggiorno dei valori man mano riconosciuti, nel tempo, dalla Società, come diritti inviolabili (anche se “inespressi”). Sul fatto che si possano desumere “nuovi diritti costituzionali”, non vi è ragione per dubitare, se non altro richiamando gli scritti Autorevoli di chi, già in data risalente, affermava che si deve interpretare l’art. 2 cost. nel senso che si è voluto affermare “non già un diritto generale di libertà, ma piuttosto un principio che non si esaurisce interamente nelle singole fattispecie previste, e perciò consente all’interprete di desumerne dal sistema altre non contemplate specificamente”.

Ve ne è conferma nell’art. 5 della legge 20 luglio 2004, n.189 in cui si prevede che “lo Stato e le regioni possono promuovere di intesa (..) l'integrazione dei programmi didattici delle scuole e degli istituti di ogni ordine e grado, ai fini di una effettiva educazione degli alunni in materia di etologia comportamentale degli animali e del loro rispetto, anche mediante prove pratiche”. Ebbene: la norma scolpisce nel diritto positivo un principio che costituisce oramai patrimonio della coscienza sociale contemporanea ovvero “il rispetto degli animali”.

Non ignora questo giudice che, sulla rilevanza costituzionale del sentimento per animali, le Sezioni Unite 11 novembre 2008 n. 26972 sembrano avere espresso opinione differente, avendo escluso la risarcibilità ex art. 2059 c.c. in caso di morte dell’animale da compagnia: ma è un’opinione che deve ritenersi oggi non più condivisibile, essendo stata smentita dal Legislatore (nazionale ed europeo), se non altro a partire dalla Legge 4 novembre 2010, n. 201, di ratifica ed esecuzione della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, fatta a Strasburgo il 13 novembre 1987. Con l’articolato normativo richiamato, la Legge ha riconosciuto “che l’uomo ha l’obbligo morale di rispettare tutte le creature viventi, ed in considerazione dei particolari vincoli esistenti tra l’uomo e gli animali da compagnia ed ha affermato “l’importanza degli animali da compagnia a causa del contributo che essi forniscono alla qualità della vita e dunque il loro valore per la società”.

In conclusione, va affermato che, nell’attuale ordinamento, il sentimento per gli animali ha protezione costituzionale e riconoscimento europeo cosicché deve essere riconosciuto un vero e proprio diritto soggettivo all’animale da compagnia; diritto che, quindi, va riconosciuto anche in capo all’anziano soggetto vulnerabile dove, ad esempio, nel caso di specie, tale soggetto esprima, fortemente, la voglia e il desiderio di continuare a poter frequentare il proprio cane. Si pensi che, nel caso di specie, la beneficiaria – mentalmente capace ma fisicamente ormai quasi allettata – non ha pensato, per sé stessa, come prima cosa, al suo patrimonio (es. gli immobili lasciati fuori dalla Residenza), bensì al suo cane, rimasto (in assenza anche di parenti) unico ricordo delle vita quotidiana persa a causa della patologia.

La serietà del rapporto tra la beneficiaria e il suo animale di compagnia, in attuazione della legge 201/2010, impone il rispetto del rapporto stesso, anche quale riconoscimento della dignità dell’anziano incapace, anche in attuazione della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, fatta a New York il 13 dicembre 2006, e ratificata dall’Italia per effetto degli artt. 1 e 2 della legge 3 marzo 2009 n. 18. Il trattato in esame riconosce espressamente (lett. n del preambolo) “l’importanza per le persone con disabilità della loro autonomia ed indipendenza individuale, compresa la libertà di compiere le proprie scelte” (collocati nel novero dei “principi generali”, v. art. 3 della convenzione). La Convenzione, all’art. 12 (“uguale riconoscimento dinanzi alla legge), comma IV, chiaramente statuisce, poi: “Gli Stati devono assicurare che le misure relative all’esercizio della capacità giuridica rispettino i diritti, la volontà e le preferenze della persona”.
Si provvede come da dispositivo.

P.Q.M.
Varese lì 7 dicembre 2011

IL GIUDICE TUTELARE
dott. Giuseppe Buffone


Sentenza - 20/12/2011

Diritto di visita per l’amico a quattro zampe
Con decreto del 7 dicembre 2011, il giudice tutelare del Tribunale di Varese, Giuseppe Buffone ha stabilito che non si può impedire ad una persona anziana non autosufficiente ricoverata in una casa di cura di vedere il proprio cane, anche se la struttura lo vieta. Lo ha stabilito precisando che nel caso in cui l’Ads della signora non possa garantire visite periodiche con l’amico a quattro zampe, dovrà essere nominato uno speciale ausiliario per questo compito. Fido era stato il primo ed unico pensiero dell’anziana nel momento in cui si era trovata a dover abbandonare la casa. Nell’attuale ordinamento, il sentimento per gli animali ha protezione costituzionale e riconoscimento europeo cosicché deve essere riconosciuto un vero e proprio diritto soggettivo all’animale da compagnia. Inoltre nel decreto si richiama anche la Convenzione onu sui diritti delle persone con disabilità a tutela della dignità, del diritto all’autodeterminazione e dell’uguaglianza di fronte alla legge.

Con decreto del 7 dicembre 2011, il giudice tutelare del Trbunale di Varese,Giuseppe Buffone ha stabilito che non si può impedire ad una persona anziana non autosufficiente ricoverata presso una casa di cura di vedere il proprio cane, anche se la struttura lo vieta. Lo ha stabilito precisando che, nel caso in cui l'Ads della signora non sia in grado di garantire visite periodiche con l'amico a quattro zampe, dovrà essere nominato uno speciale ausiliario preposto a questo compito.

L'anziana signora, nel momento in cui è entrata nella casa di riposo, versando in condizioni cliniche particolari, ha aderito al ricorso all'amministrazione di sostegno proposto dai Servizi Sociali esprimendo però il desiderio di mantenere un rapporto stabile con la migliore amica, alla quale, ha affidato il suo cane di compagnia con l'impegno che lo portasse periodicamente in visita. La signora - lo si ricorda nel decreto - "mentalmente capace ma fisicamente ormai quasi allettata non pensato, per se stessa, come prima cosa al suo patrimonio bensì al suo cane, rimasto, in assenza di parenti, unico ricordo della vita quotidiana persa a causa della patologia".

Il Giudice riconosce e tutela all'anziana signora nel momento in cui "esprima, fortemente, la voglia e il desiderio di continuare a poter frequentare il proprio cane" un vero e proprio diritto soggettivo. Infatti nella Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, fatta a Strasburgo il 13 novembre 1987 riconosce che "l'uomo ha l'obbligo morale di rispettare tutte le creature viventi, ed in considerazione dei particolari vincoli esistenti tra l'uomo e gli animali da compagnia" ed ha affermato "l'importanza degli animali da compagnia a causa del contributo che essi forniscono alla qualità della vita e dunque il loro valore per la società".

Nell'attuale ordinamento, il sentimento per gli animali ha protezione costituzionale e riconoscimento europeo cosicché deve essere riconosciuto un vero e proprio diritto soggettivo all'animale da compagnia.

Non solo: nel decreto si specifica che "la serietà del rapporto tra la beneficiaria e il suo animale di compagnia, in attuazione della legge 201/2010, impone il rispetto del rapporto stesso, anche quale riconoscimento della dignità dell'anziano incapace, anche in attuazione della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, fatta a New York il 13 dicembre 2006, e ratificata dall'Italia per effetto degli artt. 1 e 2 della legge 3 marzo 2009 n. 18. Il trattato in esame riconosce espressamente (lett. n del preambolo) "l'importanza per le persone con disabilità della loro autonomia ed indipendenza individuale, compresa la libertà di compiere le proprie scelte" (collocati nel novero dei "principi generali", v. art. 3 della convenzione). La Convenzione, all'art. 12 ("uguale riconoscimento dinanzi alla legge), comma IV, chiaramente statuisce, poi: "Gli Stati devono assicurare che le misure relative all'esercizio della capacità giuridica rispettino i diritti, la volontà e le preferenze della persona".

Nell'amministrazione di sostegno non è prevista la possibilità di un coamministratore (v. Trib. Varese, decreto 13 luglio 2010) ma, nelle concrete modalità gestionali nessuna norma esclude che l'amministratore possa avvalersi di ausiliari. Il Giudice quindi nomina un ausiliario "che si occuperà dei bisogni materiali e del cane della beneficiaria, portandolo presso la beneficiaria con cadenza periodica e secondo le volontà della beneficiaria stessa e redigerà, mensilmente, un conto delle spese e dei costi per il cane e lo presenterà all'amministratore che rimborserà ogni costo/spese".





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