Sperimentazione, per la prima volta meno di 700 mila animali utilizzati per i test



Pubblicati in Gazzetta Ufficiale del 24 agosto 2016 i dati statistici sull’utilizzo di animali a fini scientifici, relativi all’anno 2014. Raccolti per la prima volta secondo le modalità previste dalla direttiva 2010/63/Ue sulla protezione degli animali a fini scientifici, recepita in Italia con il decreto legislativo 26/2014, i nuovi dati fanno registrare per la prima volta un numero totale al di sotto delle 700 mila unità. Lo comunica il ministero della Salute. 

Con 691.666 animali utilizzati nel 2014, infatti, l’Italia scende di circa 30 mila unità rispetto all’anno precedente, confermando la funzionalità delle nuove regole contenute nella direttiva e la massima attenzione con cui vengono vagliate le procedure autorizzative. «Il numero totale di animali è in leggero calo - commenta la Lega antivivisezione (Lav) - fatto che non deve suscitare applausi né stupire in quanto, per legge, il ricorso agli animali dovrebbe essere l’ultima via di sperimentazione, attuabile solo se non sono disponibili metodi alternativi. Rispetto alle specie utilizzate, aumenta il ricorso a porcellini d’india, furetti, pecore e, tragicamente, di primati non umani. Il numero di macachi usati nei test è passato da 302 nel 2012 a quasi 450 nel 2014: un aumento inaspettato, soprattutto alla luce di una legge che limita fortemente il ricorso a specie filogeneticamente così vicine alla nostra. Animali che subiscono anche la sofferenza della cattura in natura, considerando che 246 macachi sono stati importati dall’Africa e 196 dall’Asia. Infine, grande parte dei cani utilizzati, in totale sono 500, provengono da allevamenti al di fuori dell’Ue: animali spediti come oggetti dagli allevamenti, verso i laboratori di tutto il mondo». 

«Moltissimi topi, la specie più rappresentata nei laboratori - aggiunge la Lav - sono allevati per il solo mantenimento di colonie di animali geneticamente modificati. Un sistema in cui si inseriscono, nel Dna dell’animale, tratti genici o geni che portano l’informazione legata alla malattia umana, dove metà degli embrioni muore durante il periodo gestazionale oppure viene soppressa perché nasce priva della modifica genetica. Ben 289.558 le procedure che possono coinvolgere più animali, riferite alla ricerca di base - insiste la Lega - applicazione che non prevede nessun obbligo di legge e che dovrebbe avere un drastico calo delle autorizzazioni». 

«Solo 14 su un totale di 698.059, invece, le procedure autorizzate per ricerche per la protezione dell’ambiente o nell’interesse della specie stessa. Questi numeri, già di per sé impressionanti, sono in realtà fortemente sottostimati, perché non tengono conto di molte categorie come gli animali usati già deceduti, gli invertebrati o le forme di vita non completamente sviluppate. Allarmante il dato relativo al numero di procedure classificate come gravi, oltre 21.000, sperimentazioni che comportano dolore e angoscia prolungati che possono comportare il non ricorso all’anestesia, come lesioni spinali, stimolazioni elettriche, nuoto forzato e perfusione di organi». 

«L’impegno verso la riduzione e la sostituzione degli animali nella ricerca rimane purtroppo solo sulla carta, come dimostrano queste statistiche, principio che non viene ascoltato per la mancanza di formazione, gap culturale e interessi economici, e che vincola il nostro Paese a un modello fallimentare di ricerca, anacronistico», commenta Michela Kuan, biologa, responsabile Lav Area Ricerca senza animali.  

(Fonte : http://www.lastampa.it)

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