Immagini sconvolgenti quelli che giungono dall'Amazzonia, devastata dagli incendi che stanno annientando ettari di vegetazione e mettendo a rischio specie animali
Brucia il polmone verde
del mondo. Brucia. Mentre il mondo corre veloce e si accorge appena del suo urlo
disperato, delle fiamme, degli animali carbonizzati, dei tanti impauriti. A
poco vale la dichiarazione dello stato di emergenza di Amazonas per il
crescente numero di incendi, a poco valgono gli appelli internazionali: sembra
essere arrivati a un punto di “quasi” non ritorno. Le fiamme hanno
letteralmente devastato la foresta, principale patrimonio naturale della Terra,
dove risiedono più di 40.000 specie animali e svariate piante.
Da Gennaio gli incendi
sono stati 72.000 mila, e quasi 10.000 solo nell’ultima settimana,
come spiega l’agenzia spaziale brasiliana (Inpe) alla Bbc.
Si tratta di numeri imbarazzanti per la specie che dovrebbe essere la più
evoluta della terra, l’uomo: si conta un incremento dei roghi pari
all’84% con delle conseguenze che potrebbero avere delle proporzioni
planetarie.
E non si parla solo di
quelle a breve termine, come il fenomeno accaduto lo scorso lunedì nei cieli di San Paolo, oscurati in pieno giorno a
causa del fumo degli incendi, ma soprattutto per quelle a lungo termine. La deforestazione in Amazzonia
è una questione di “grande preoccupazione” , ha detto Stephane
Dujarric, portavoce del segretario generale dell’Onu, Antonio
Guterres. “Le foreste nel mondo – ha aggiunto –
giocano un ruolo enorme nel tentativo di mitigare gli effetti del
riscaldamento climatico”.
Secondo uno studio dell’Università
dell’Oklahoma pubblicato sulla rivista accademica Nature
Sustainability e ripresa dall’edizione brasiliana della Bbc la deforestazione
in Amazzonia sarebbe doppia rispetto a quella registrata dall’Istituto
nazionale di ricerca spaziale (Inpe). Secondo gli scienziati dell’universita’
statunitense, tra il 2000 e il 2017 l’Amazzonia brasiliana ha perso circa 400
mila chilometri quadrati di area verde, pari al territorio della Germania.
Si conta solo
nell’ultimo anno un aumento della deforestazione del 15%, con 5.054 Kmq di area
disboscata. Solo a luglio 2019 la deforestazione nell’Amazzonia legale è
stata del 66% superiore rispetto a luglio 2018, raggiungendo 1.287 chilometri
quadrati. L’area dell’Amazzonia legale è compresa tra nove stati
brasiliani: Acre, Amapà, Amazonas, Parà, Rondonia, Roraima e parte
degli stati di Mato Grosso, Tocantins e Maranhao.
Immagini sconvolgenti
quelle che giungono dal Brasile, un disastro ambientale di proporzioni
epiche. Il mondo intero si sta accorgendo solo adesso della catastrofe
e mentre sui social è stato lanciato l’hastag #Prayforamazonas le
grandi potenze stanno a guardare. E’ davvero possibile lasciar morire il
polmone verde del pianeta solo perché esso non si trova in uno Stato di propria
competenza? Quanta e quale responsabilità hanno le potenze mondiali che stanno
inermi? Domande lecite, dal momento che la foresta fornisce ossigeno per
l’intero pianeta, senza distinzioni geografiche. Domande lecite, mentre gli
incendi continuano e un’altra parte dell’Amazzonia muore. E l’umanità ne esce,
ancora una volta, sconfitta.
Di chi è la responsabilità?
Subito dopo la
diffusione dei dati relativi all’incremento degli incendi e all’aumento della
deforestazione, il presidente brasiliano, Jair Bolsonaro, ha
criticato duramente il presidente dell’Inpe, Ricardo Galvao, per
aver divulgato i dati che mostrano una preoccupante accelerazione nel processo
di deforestazione dell’Amazzonia, accusando Galvao di essere un “bugiardo
al servizio di qualche Ong”, e affermando che la deforestazione
deve essere combattuta non facendo “campagna contro il Brasile“,
dal momento che la diffusione di dati allarmanti “danneggia” il
paese.
Il direttore dell’Inpe,
dal canto suo, ha risposto duramente alle critiche del presidente Bolsonaro.
Nel corso di un’intervista per il quotidiano “O Estado de Sao
Paulo”, ha definito il presidente “pusillanime e
codardo”: “il signor Jair Bolsonaro deve capire che un presidente della
Repubblica non può parlare in pubblico, specialmente in una conferenza
stampa, come se fosse in un bar. Ha fatto commenti
impropri, infondati e ha fatto attacchi inaccettabili.
Non solo per me, ma per le persone che lavorano per la scienza”, ha
affermato Galvao. Pochi giorni dopo Galvao veniva rimosso dal suo incarico. “Il
mio discorso sul presidente ha generato imbarazzo, quindi sarò licenziato”, ha
detto Ricardo Galvao parlando alla stampa.
Nel dibattito è
intervenuta anche l’organizzazione non governativa Greenpeace, che
ha denunciato come le politiche attuate dal governo brasiliano di Jair
Bolsonaro stiano distruggendo l’Amazzonia. L’Ong riporta i dati dei
rilevamenti satellitari e acquatici dell’agenzia spaziale statunitense Nasa e
dell’Inpe. Il coordinatore delle politiche pubbliche di Greenpeace, Marcio
Astrini, ha pesantemente criticato la condotta del governo, che in una
conferenza stampa ha screditato gli istituti che hanno effettuato le ricerche e
contestato i dati della deforestazione. “Il presidente e tre ministri hanno
criticato le prove scientifiche per un’ora e hanno cercato di mascherare la
realta’. Inoltre, non hanno fornito alcuna soluzione concreta al vero problema
della deforestazione”, ha detto Astrini.
“Bolsonaro sta favorendo
un progetto anti-ambientale nel paese, che ha eliminato la capacità del Brasile
di combattere la deforestazione e favorisce coloro che commettono crimini
ambientali. Ora, di fronte alle conseguenze delle sue decisioni, cerca di
nascondere la verità e incolpare gli altri. I numeri della deforestazione sono
cosi’ gravi che parlano da soli. Mentire aumentera’ solo il danno al paese”, ha aggiunto.
Per Bolsonaro “le Ong ambientaliste sono responsabili degli incendi”
Il presidente
brasiliano Jair Bolsonaro ha insinuato che le Ong
ambientaliste potrebbero essere responsabili dell’ondata di incendi
forestali che ha colpito il paese, con un aumento dell’82% dal primo
gennaio al 18 agosto rispetto allo stesso periodo del 2018, secondo un
rilevamento della Globo News, e il 52% degli incendi concentrati
nell’Amazzonia, secondo dati ufficiali dell’Istituto Nazionale di Ricerche
Spaziali (Inpe), responsabile del monitoraggio satellitare delle foreste del
colosso latinoamericano.
“Riguardo agli incendi
in Amazzonia, secondo me potrebbero essere stati potenziati dalle Ong, perche’
hanno perso i soldi che ricevevano. Quale sarebbe la loro intenzione? Causare
problemi al Brasile”, ha detto Bolsonaro in un intervento con dirigenti del settore
dell’acciaio. Interrogato su queste affermazioni dai cronisti, il presidente ha
precisato successivamente che “non sto dicendo (che le Ong sono
responsabili degli incendi), sto dicendo che qui c’e’ un reato da combattere e
vedremo come combatterlo” ma “a mio avviso qui c’e’ un interesse delle Ong, che
rappresentano interessi estranei a quelli del Brasile”. “Noi abbiamo tolto
molti soldi alle Ong: dei fondi che venivano da fuori, il 40% andava alle Ong,
e ora non ce l’hanno piu’. E abbiamo messo fine anche ai contributi pagati con
fondi pubblici. E’ dunque logico che questa gente stia sentendo la mancanza di
risorse”, ha aggiunto Bolsonaro.
“E’ opera dell’uomo”
“C’è una relazione
diretta tra il maggior numero di incendi e la crescita
della deforestazione. Tra i 10 comuni che hanno registrato
gli incendi più grandi nel 2019, 7 sono anche nella lista dei comuni con il più
alto numero di allerte deforestazione”, ha scritto Gustavo
Faleiros, editore del gruppo InfoAmazonia.
“Non c’è niente di
anomalo con il clima quest’anno o con le precipitazioni nell’area amazzonica,
che sono solo di poco inferiori alla media. La stagione secca crea le
condizioni favorevoli per l’utilizzo e la propagazione del fuoco, ma
appiccare un incendio è opera dell’uomo, che sia intenzionalmente o
accidentalmente”, ha spiegato Alberto Setzer, ricercatore INPE.
(fonte: meteoweb.eu)
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