Pineta di Classe, mille "Bambi" da abbattere. Ambientalisti in trincea: "Salvate i daini del Delta"


Il caso nel Ravennate. I daini sono troppi, la Regione ha dato l’ok alla cattura e chi si aggiudica il lavoro potrà rivenderne la carne

Lungo la strada per Mirabilandia ormai le firme per i daini le raccolgono dappertutto: nei bar, nei ristoranti, nelle piadinerie. In consiglio comunale c'è addirittura chi ha ribattezzato il direttore del parco del Delta del Po "Lack lo squartadaini". I giornali locali sono sono sommersi di lettere. E la consigliera regionale del gruppo misto Giulia Gibertoni ha cambiato la sua immagine di profilo Facebook in un daino. Mentre nel Paese tiene banco la campagna elettorale, a Ravenna, da giorni, si parla solo dei mille daini della pineta di Classe che il parco del Delta e la Regione hanno destinato alla vendita e poi all'abbatimento.

Le associazioni ambientaliste si dichiarano pronte a intervenire "anche fisicamente" per salvare Bambi (che non è Bambi perché quello della Disney era figlio di un cervo, ma fa lo stesso) dal macello. Una faccenda che, se il tam tam continuerà con questo ritmo, rischia di avere un'eco nazionale. E di trasformarsi in un pantano per la giunta Bonaccini.

Tutto inizia un anno fa, quando la Regione con la delibera 34/ 2021 predispone il trasferimento dei daini (motivandolo soprattutto con l'elevato numero di incidenti che causavano) per ricollocarli in allevamenti, che sono quasi tutti da carne, distribuirli a privati o liberarli altrove. Poi a fine agosto arriva la bomba: il parco del Delta pubblica un'indagine di mercato per individuare operatori interessati alla concessione per tre anni del servizio "di cattura e delocalizzazione di esemplari di daino". Segue preciso tariffario, che lascia pochissimo spazio all'immaginazione. "Considerato che il valore della carne di daino varia tra 4 euro al chilo per i maschi e 4,30 euro per le femmine, e che il peso medio utile degli esemplari, tolta la pelle, la testa e la parte bassa delle zampe, è di circa 25 chili per i maschi e 20 per le femmine, il valore complessivo dei capi presenti è di poco superiore ai 100 mila euro". Poi ristretti in "83.700", considerando che "non sarà possibile catturarne più di 300 all'anno". E rivenderli così, sotto forma di vaschette, nei supermercati.

"Mi ha telefonato anche la mia ex, per chiedermi di questa storia dei daini - alza le braccia Rocco Penazzi, agente della polizia locale e guardia "pinetale" del parco del Delta - Per non parlare dei commenti su Facebook. Ormai qui si è persa la ragione. Anche a me dispiace macellarli, ma bisogna limitarli, altrimenti qui si mangiano tutto il sottobosco". Una famiglia di lupi c'è per fortuna, e qualche daino lo uccide. "Ginevra è venuta su dalle Marche durante il lockdown, ora dovrebbero essere in otto - spiega l'agente Penazzi mostrando una foto della lupa di fianco alla carcassa di un daino - Ma non bastano".

Il direttore del parco, Massimiliano Costa, alza le spalle: "Io capisco tutte le sensibilità, ho due figlie vegetariane. Ma che devo fare? I daini così sono troppi e non fanno bene al parco. Si potrebbero sterilizzare, ma servono 400 mila euro e il parco non li ha. Una volta erano al Bosco della Mesola, poi la Forestale li allontanò, macellandone a centinaia perché avevano trasformato il parco in parcheggio, senza più un filo d'erba. Un privato di qui ne comprò una quindicina, poi scapparono. Bastava intervenire subito e non saremmo arrivati a questo punto".

Una delle animatrici della protesta è Cristina Franzoni, dell'associazione Clama. "Siamo davvero sommersi di firme - dice - Presto presenteremo una petizione in Regione. Prima il problema erano gli incidenti, poi i danni alle colture e la perdita di biodiversità. La verità è che i daini danno fastidio ai cacciatori, perché i cani annusano il loro odore e si distraggono dalla preda. Noi chiediamo che si usino metodi ecologici a tutela di questi animali, che potrebbero diventare anche un valore per il turismo. Già una volta abbiamo fermato i cacciatori".

Era il 2014, ricorda Francesca Santarella di Italia Nostra, e per salvarli arrivarono da tutta Italia. "E dopo otto anni - sbotta - non è stato studiato nulla che possa rispettare le istanze dei cittadini. Com'è possibile che un bene dello Stato diventi merce? Una chiesa di Ravenna venderebbe i suoi mosaici?". Il prossimo presidio per proteggere gli animali è fissato per sabato, davanti al Comune di Ravenna.

 (Fonte: bologna.repubblica.it)

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