La Vivisezione, il più grande errore della scienza di tutti i tempi



Thomas Hartung, direttore scientifico responsabile per la ricerca della Commissione Europea, sulla prestigiosa rivista “Nature” (2002) afferma che i test su animali, per la scarsa affidabilità, sono ‘cattiva scienza’ e auspica che la ricerca alternativa sia l’occasione per dare alla tossicologia dignità di scienza, con un totale rinnovamento.
Tra il 2005 e il 2006, le due più prestigiose riviste scientifiche internazionali, Nature e Scientific American, hanno pubblicato ciascuna un articolo sui metodi alternativi alla sperimentazione animale nei test di tossicità.
Il presidente del partito animalista europeo, Stefano Fuccelli, ci spiega: “la vivisezione è la connivenza tra la classe politica corrotta e le lobbi farmaceutiche”.Aggiunge: “la vivisezione non ha assolto al compito che le è stato assegnato” e non risparmia di elencare alcuni dei grandi disastri farmaceutici prodotti da questa “cattiva scienza”, tra cui l’ immissione sul mercato di farmaci ritirati dopo 4 o 5 anni perchè pericolosi, è il caso del Viox che ha prodotto 130 mila morti di infarto miocardio guadagnando nell’ ultimo anno in commercio 2 milirdi e mezzo di dollari; o ancora il caso di Toledomite che ha causato la nascita di 10.000 bambini affetti da amelia, ossia nati senza arti.
In questi casi le aziende farmaceutiche, dopo aver intascato lauti guadagni, si giustificano affermando che i test su animali non sono affidabili, ma per legge devono essere effettuati, e se qualcosa non va come sperato, la responsabilità non può cadere su chi sperimenta o immette i farmaci sul mercato. Infatti i test su animali oltre a fornire previsioni errate per l’uomo, consentono alle industrie di poter programmare le risposte (variando la specie animale usata, poiché ogni specie dà una risposta diversa) e aggirare la responsabilità civile (ricorrendo proprio, come sempre fatto, all’inaffidabilità della prova).

Ho interrogato un docente in medicina legale dell’ Università Sapienza di Roma, il quale non ha acconsentito alla pubblicazione del proprio nome. Ciò che ho appreso dall’ intervista è l’ impreparazione del docente che ha affermato di non avere una posizione a proposito dato che non è al corrente dei metodi alternativi e non crede che sia possibile fare ricerca senza animali.
Fortunatamente esistono molti medici che ne sanno un pò di più e denunciano l’ incivile pratica, come i professori Veronesi, Fede o come il Dottor Stefano Cagno, medico chirurgo e membro del Comitato Scientifico Equivita e Medici internazionali, che ci spiega di come in realtà la vivisezione oltre ad essere inutile è pure dannosa per la ricerca scientifica. Le sue parole: “La vivisezione è un metodo di ricerca non scientifico e quindi i pazienti diventano le vere cavie sulle quali i ricercatori compiono le ricerche”.
La lotta per l’abolizione della vivisezione è una lotta per una medicina di cui ci si possa fidare, contro una metodologia al tempo stesso barbara e pseudoscientifica. È una lotta politica, perché ci sono gruppi che traggono immensi profitti dalle sofferenze che la vivisezione provoca a umani e animali, e tali gruppi, le transnazionali petrol-chimico-farmaceutiche o le aziende che a livello mondiale allevano animali per la vivisezione hanno i loro rappresentanti nei governi, nei partiti e nelle università di tutto il mondo. La vivisezione serve ad immettere sul mercato farmaci inefficaci e pericolosi, anche agenti nocivi sono introdotti nell’ambiente, nei nostri alimenti, nei prodotti per la cura del corpo, con certificazioni di efficacia e innocuità (o di “non provata” nocività) inaffidabili e prive di valore scientifico. Mi limito a citare la theobromina, sostanza che può uccidere un cane, è innocua per l’ uomo o che la stricnina che non ha alcun effeto su molti animali mentre per l’ uomo è mortale.
La sperimentazione animali rappresenta una grande risorsa per le industrie chimiche ma non per la ricerca o per l’ uomo. Il denaro viene prima della nostra salute e della sofferenza degli animali. La politica è fatta dalle aziende e dai loro politici. Non si possono servire gli interessi delle persone e i profitti delle aziende allo stesso tempo. Per questo i politici hanno scelto la politica del conto corrente. I cittadini informati protestano. Gli altri nemmeno quello.

(Fonte: www.controcampus.it)

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