"Cani ridotti a cibo per cani" I sospetti sulle adozioni all'estero

Articolo di MARGHERITA D'AMICO -  Fonte :  http://inchieste.repubblica.it

Migliaia di animali trasferiti in Germania e in altri paesi senza che sia neppure precisato il nome di chi li adotta. Poi  se ne perdono le tracce e si aprono gli scenari più foschi. Il caso è finito anche all'Europarlamento, a Ischia è in corso un processo. Le associazioni animaliste chiedono un intervento deciso e nuove regole


ROMA - Agli occhi di svizzeri, tedeschi, svedesi, belgi, austriaci, francesi, inglesi, in tema di rispetto per gli animali noi siamo terzo mondo. Contrassegnati da corruzione, brutalità, canili lager. Ci ritroviamo perciò sullo stesso piano delle perreras comunali spagnole assimilate a mattatoi, parenti delle stragi autorizzate in Romania o delle miserie e violenze di Grecia e Turchia. Una situazione che motiva imponenti tradotte sotto il nome di adozioni private, anche se a puntare l'indice sono nazioni che effettuano le loro epurazioni legali nel riserbo: invisibili camere a gas, cani e gatti ceduti alla vivisezione, bordelli in cui se ne abusa sessualmente. E non basta. In un'interrogazione del 2011 dell'europarlamentare Cristiana Muscardini, vicepresidente della Commissione commercio internazionale, si chiedevano lumi sulla movimentazione internazionale di randagi ipotizzandone la macellazione. Il sospetto più diffuso, motivato anche dal forte incremento di intolleranze alimentari fra gli animali domestici. è che la carne di cani e gatti possa servire alla produzione di mangimi destinati ai loro simili più fortunati. Fra i controlli cosiddetti di qualità sembra mancare quello adatto a stabilire a quale specie appartenga la carne, dando per buone le autocertificazioni aziendali. Quanto al traffico della droga, anche nelle pinete tirreniche sono stati rinvenuti i corpi squartati di cani usati come inconsapevoli corrieri, né si può escludere che parecchi randagi finiscano alla produzione di pelli e pellicce.

La contraddizione. Gli animali partono verso regioni del Continente dove, ci viene spiegato, il randagismo non è mai esistito perché oltre a uccidere si sterilizza a dovere. Qui una pietà diffusa indurrebbe i cittadini a incamerare orde di meticci paralizzati, malati, anziché evitare l'eutanasia ai propri. Molti dubbi e poche prove, ma considerando l'argomento minore, o scomodo, a dispetto di segnalazioni e denunce da tutta Italia si archivia con facilità, o si omette di indagare a fondo. Forse anche scoraggiati dalla scarsa collaborazione oltrefrontiera. Una delle due rogatorie internazionali avanzate durante la fase istruttoria di un processo - unico sull'argomento - in corso a Napoli riguardo i randagi di Ischia a lungo esportati e volatilizzati in Germania, è rimasta senza riscontro. A Verona, nel 1995, si indagò per verificare nomi e indirizzi a cui erano stati inviati cento cani. Gli intestatari risultarono tutti falsi o morti, ma la faccenda  fu presto dimenticata.

Gli animali in uscita sono così numerosi, e da tanti anni, che, pure ve ne fosse l'intenzione, è utopistico verificare che abbiano davvero trovato famiglia. Migliaia, centinaia di migliaia; non esistono risorse né condizioni materiali per effettuare regolari tour del nord Europa, entrando nelle abitazioni private. In alcuni casi, chi esporta intasca pure i contributi erogati da alcuni Comuni italiani per promuovere  le adozioni; alcune Asl poi concedono gratuitamente passaporti che di solito hanno un costo. Per i cani, s'intende, poiché i gatti, privi di anagrafe, viaggiano senza nemmeno il microchip: invisibili.

Spesso, ormai, non ci si perita neppure di indicare l'adottante straniero, nome e cognome; l'associazione esportatrice s'intesta direttamente gli animali, per trasbordali in canili fuori patria e proporli su siti specializzati ancor prima del loro arrivo: la tassa di riscatto che dovrebbe servire a rimborsare le spese può arrivare fino a 400 euro. "Si fomenta lo sdegno verso i nostri canili, avallando continui trasferimenti di animali. C'è chi s'impegna in demonizzazioni che vanno ben oltre l'effettiva criticità di certe situazioni", dice Maria Teresa Corsi, presidente della Lega nazionale per la difesa del cane di Galatone, in provincia di Lecce. "I luogotenenti dei trafficanti arruolano ragazzi giovani, che desiderano un futuro migliore per gli animali. I volontari offrono accoglienza provvisoria, ripuliscono i cani dalle zecche, ma non appena vogliono sapere con maggior precisione dove sia finito l'esemplare che hanno accudito subentra  'la privacy dell'adottante'. Se insistono sono fuori". "Come prova mandano solo foto, fatte in serie. Sul cuscino, nell'erba, mai la faccia della persona che ha adottato", aggiunge Maria Teresa. "Oppure qualcuno se li intesta in Italia per prenderli dal canile e subito dopo li cede. A Lecce c'è chi oggi avrebbe decine di cani, si va  avanti per deleghe: è illegale. Dal 2003, con l'ausilio delle forze dell'ordine, siamo riusciti a bloccare quattro grandi trasferimenti".


La scoperta. Giuseppe Moscatelli, guardia zoofila Enpa a Terni, da anni si scontra con il fenomeno delle adozioni internazionali. "Ho iniziato con il canile Colle Arpea a Rieti. Lì 282 cani ridotti come larve facevano da copertura al movimento dei randagi, catturati e trasferiti in Germania ogni settimana. La struttura aveva convenzioni con almeno 80 Comuni laziali, ai cani neppure si controllavano i microchip per appurare che non fossero smarriti tanto da far sospettare furti su commissione. In seguito Colle Arpea fu chiuso, gli ospiti residui trasferiti a Nord. Quindi la partita si è spostata in Umbria, al rifugio privato di Stroncone", continua Moscatelli, "nel marzo 2012 la struttura finì sotto sequestro amministrativo e fui nominato custode aggiunto. Mi adoprai per arginare la fuoriuscita di animali pretendendo documentazione rigorosa. Per questo ho subito intimidazioni, pedinamenti, assurdi esposti". Anche i coniugi Viotti, titolari un rifugio in convenzione vicino Tivoli, raccontano quel che assomiglia a un assedio intanto che alcuni comuni da quasi un anno hanno smesso di pagare: "Si verifica quanto minacciato da chi insiste per mandare all'estero i nostri cani: 'Vi faremo chiudere'. Da principio ci fidavamo di queste persone, provenienti da diversi gruppi. Si presentavano col placet delle autorità. Poi qualcosa non quadrava. Hanno iniziato portandoci via una ventina di cani, quindi hanno seguito altrettanti gatti, consegnati a una signora di Terracina. Quando l'abbiamo richiamata ha detto che erano già andati a riprenderseli: 'Non mettetemi in mezzo, ho dovuto farlo'. Ci hanno diffamati facendo circolare su internet che teniamo male gli animali: niente di più falso e riteniamo che le successive ispezioni sanitarie l'abbiano dimostrato".

L'inchiesta. Nel 2006, grazie alle denunce animaliste e alla determinazione della pm Maria Cristina Gargiulo, si apre un'inchiesta sfociata nell'unico procedimento giudiziario mai istruito su un caso del genere. Un processo che procede vergognosamente a rilento - si avvicinano i tempi di prescrizione - presso il Tribunale di Napoli. Nella fase delle indagini si appurò che i presunti adottanti dei randagi che partivano dal canile di Panza, a Forio d'Ischia, non esistevano. I tanti animali partiti per la Germania erano spariti sullo sfondo di loschi movimenti di denaro. I cinque responsabili della struttura furono rinviati a giudizio con gravi capi d'accusa, mentre ai rappresentanti delle Asl fu imputato il semplice falso ideologico.  A dispetto dello scandalo, nel 2007 il rifugio passò a una nuova associazione tedesca che vanta decine di punti di raccolta e smistamento cani e gatti in Europa. "La fresca gestione rinunciò a un credito di 62.500 euro in cambio di 51 cani, per riprendere indisturbata l'invio di animali all'estero", racconta Maria Pagano, attivista di Una - Uomo natura animali - di Ischia, che  assieme a Pass Pro Natura ha condotto la lunga battaglia contro le tratte del canile ischitano.

Chi dovrebbe controllare. "Spetterebbe all'Unione europea stabilire regole secondo cui gli animali non siano considerati merce", dichiara Paola Tintori, presidente dell'Enpa di Perugia e docente di Matematica Finanziaria presso l'ateneo dell'università umbra. "L'Enpa dice un no netto ai trasferimenti da canile a canile. Ma non possiamo opporci, come cittadini comunitari, alle adozioni individuali. Con la delega dei Comuni, in base all'art 998 UE, si possono portare via fino a cinque cani a testa, anche in auto". Oltre però le regole Traces (Trade Control and Export System, piattaforma informatica veterinaria comunitaria che dovrebbe segnalare, certificare e verificare esportazioni, importazioni e scambi di animali e prodotti di origine animale) prevedono che al momento del rilascio della documentazione necessaria al viaggio per un numero di cani superiore a cinque l'autorità sanitaria di un paese mandi comunicazione per via informatica all'autorità omologa del paese di destinazione. "Poiché in ambito europeo le norme su animali d'affezione e randagismo sono diverse, è la stessa UE che dovrebbe lavorare a un'omologazione normativa e farla poi rispettare".

 "Non c'è da meravigliarsi se in Germania i canili non sono mai affollati, dato che l'eutanasia per i randagi è applicata in modo ben meno restrittivo che in Italia" commenta Maria Pagano. "La  Tierschutzgesetz, legge tedesca per la protezione degli animali, ne permette la destinazione alla sperimentazione a dispetto dei riconosciuti protocolli che circoscrivono genere e provenienza dei soggetti da impiegare. Si deroga nel caso di indisponibilità delle specie richieste, ripiegando su  cani e gatti importati dall'estero. Norme applicative permettono inoltre ai privati la cessione di animali malati ai test di laboratorio".
Non vige, in ogni caso, condizione di reciprocità giuridica fra le regole di gran parte degli altri paesi occidentali e la nostra 281/91, che vieta di uccidere i randagi e di cederli alla vivisezione. "Abbiamo preparato una proposta di legge che proibisca le adozioni all'estero, puntando proprio sull'illegittimità di mandare i nostri animali in paesi dove rischiano soppressione e torture" dice Walter Caporale, presidente degli Animalisti Italiani, mentre Susanna Chiesa, presidente di Freccia45, aggiunge: "Siamo in disaccordo con chi trasferisce cani dall'Italia verso stati stranieri, non ve n'è alcun bisogno. Varie volte abbiamo appreso che l'invio di cani in Svizzera si era concluso con la loro soppressione. Senza tener conto dell'incubo vivisezione, attuale e da tenere sempre presente. A maggior ragione dal 2010, quando in Europa è stata ratificata la sperimentazione sui randagi, da noi proibita".

Serve una legge. "Per opporci ai trasferimenti all'estero non abbiamo lo strumento giuridico" dice Rosalba Matassa coordinatrice dell'Unità operativa per la tutela degli animali, lotta a randagismo e maltrattamenti del Ministero della Salute. "Sulla scia delle nostre proteste la Svizzera si è attivata per prevedere, come noi, l'obbligatorietà di iscrizione dei cani all'anagrafe. Abbiamo quindi fatto richiesta di istituire un tavolo di lavoro con i ministeri degli Esteri e degli Interni, che serva a regolamentare questa circolazione problematica, a garantirne le procedure".

Dal profondo Sud alle Marche, non c'è regione che non veda partire flussi massicci di animali. Quotidianamente i randagi oltrepassano le frontiere senza incontrare fermi o controlli. Benché così progredita e garantista, la nostra 281/91 non impone in modo abbastanza perentorio le sterilizzazioni. "E' un disperante circolo vizioso. II canili si riempiono a spese della collettività.  Si arricchiscono i gestori delle strutture e insieme prosperano i trafficanti, che le svuotano permettendo al sistema di perpetuarsi" sottolinea Maria Pagano. "Un perfezionamento normativo dovrebbe punire in modo severissimo chi fa business con gli animali oltre Comuni e Asl inadempienti. Suonerà impopolare, ma andrebbe pure ridimensionato lo strapotere concesso alle associazioni. Buone o cattive, dovrebbero  fornire la loro collaborazione senza gestire il problema randagismo in sostituzione delle istituzioni assenti".

Di fatto, solo chi ha conosciuto da vicino gli animali è in grado di riconoscerli in un momento successivo, così i volontari meno ingenui vengono estromessi dalle strutture, espugnate in tutta Italia da chi organizza gli esodi. Sono terreno fertile strutture malviste, in odore di sequestro, e in generale i rifugi in convenzione: si propongono ai Comuni liberatorie scorciatoie con la possibilità di alleggerire la spesa per i randagi, anche a costo di non saperne più niente.




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