Delitti contro il sentimento degli animali: l’uccisione di un cane o di qualsiasi altro animale è un reato. Ecco quali sono le sanzioni.
La legge italiana sanziona una serie di condotte contrarie al sentimento verso gli animali,
come l’uccisione, il maltrattamento o l’abbandono. Tali norme sono
entrate nel codice penale solo nel 2004, segno di come si è evoluta la
sensibilità sociale non solo verso i cosiddetti animali di compagnia,
come cani e gatti.
Il primo di questi articoli sanziona l’uccisione e ci spiega che rischia chi uccide un animale:
«Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da 4 mesi a 2 anni».
Tale norma tutela l’animale in quanto oggetto di sofferenze. C’è poi un altro articolo del codice penale [2]
che, sempre in caso di morte dell’animale, tutela invece il padrone e,
più specificamente, il suo patrimonio. Tale disposizione stabilisce che:
«Chiunque senza necessità uccide o rende inservibili o comunque
deteriora animali che appartengono ad altri è punito, a querela della
persona offesa, con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a
lire seicentomila.
La pena è della reclusione da sei mesi a quattro anni, e si procede
d’ufficio, se il fatto è commesso su tre o più capi di bestiame raccolti
in gregge o in mandria, ovvero su animali bovini o equini, anche non
raccolti in mandria.
Non è punibile chi commette il fatto sopra volatili sorpresi nei fondi da lui posseduti e nel momento in cui gli recano danno».
Dunque, chi uccide un animale può essere punito a
norma dei due predetti articoli. Occupiamoci, più nel dettaglio, della
prima ipotesi. Del reato risponde sia chi uccide un animale proprio o
altrui. È necessario che la morte sia voluta dal colpevole (dolo).
Pertanto non può essere punito chi uccide un animale senza volerlo
(ossia per colpa), come nel caso di chi ammazza un cane che attraversa
la strada. È invece punibile chi si è ben rappresentato il rischio
dell’uccisione e lo ha ugualmente accettato, come nel caso di chi
intravede un gatto che attraversa la strada e ciò nonostante non
rallenta pensando che l’animale cambi rotta o si scosti.
La Cassazione è di recente tornata sull’argomento e, con una sentenza depositata oggi [3],
ha stabilito che commette reato chi uccide gratuitamente e senza
necessità un animale: solo se consentita e disciplinata da norme
speciali, l’uccisione non è perseguibile penalmente. Per rischiare il
reato di uccisione di animale è necessario che sia dimostrata la «gratuità dell’uccisione», la sua «non necessità».
Nei limiti previsti dalla legge si può invece uccidere per caccia o
altri motivi giustificati dalle leggi speciali in materia di animali.
Infatti – continua la Cassazione – solo le uccisioni e le modalità di
attuazione delle stesse espressamente disciplinate e consentite da norme
speciali sono valutate come “necessarie”. Diversamente l’uccisione
risulta gratuita e costituisce reato.
(Fonte: https://www.laleggepertutti.it/167039_che-rischia-chi-uccide-un-animale)
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