Sono spesso visibili durante i viaggi in paesi esotici oppure
protagonisti di documentari a tema, dove è molto radicata la pratica del
loro utilizzo come mezzi di trasporto. Ma l’impiego degli elefanti come ipotetici taxi per turisti,
oppure come attrattiva, rasenta la sofferenza e la privazione emotiva.
L’utilizzo di questi grandi e intelligenti animali spesso affonda le
radici nella tradizione, gli elefanti
vengono così strappati alla vita selvaggia e costretti a seguire un
iter di domesticazione imposta. La tecnica cambia da zona a zona, ma è
spesso nota come crushing (in Thailandia “Phajaan”) o anche frantumazione. Ciò che si deve spezzare, frantumare e rompere è l’animo dell’elefante.
Il trattamento messo in pratica è costante, continuativo, agisce
sullo spirito dell’animale e sul fisico stesso. L’esemplare viene
incatenato, legato ad alberi o tronchi di legno, quindi impossibilitato a
muoversi viene percosso ripetutamente. Spesso pungolato con bastoni
uncinati, ma anche costretto alla veglia e alla fame per giorni.
L’obiettivo è quello di sedare il suo spirito selvaggio spingendo
l’animo verso la sottomissione, la perdita della
dignità e la prostrazione emotiva. Una volta raggiunto questo scopo
l’animale è succube dell’uomo, subisce senza reagire risultando perciò
facilmente manovrabile.
Una sofferenza emotiva senza pari che trasforma
l’elefante prostrato in mezzo di lavoro oppure, come anticipato, in
mezzo di trasporto per i turisti. I giri panoramici all’interno di una
zona selvaggia, magari a cavallo di un grosso esemplare, sono il
risultato del crushing e dell’abbattimento emotivo
dell’animale. Non c’è nulla di poetico e di esotico in un essere privato
della sua dignità, della sua casa e del suo spirito. Nulla di
folcloristico in un animale agghindato in modo non consono alla sua
reale natura. Questa pratica che trasforma gli elefanti in attrazioni
turistiche, oppure in esemplari venduti al circo, è da sempre al centro
di una battaglia tra gruppi animalisti, associazioni, santuari
per animali e governi. In molte zone un essere che perde il suo animo
selvaggio diviene un animale costretto alla cattività, quindi privato
legalmente di ogni tutela e diritto. Perciò strappare questi esseri alla
sofferenza e alla prostrazione è fondamentale, sia per la salvaguardia
della specie che per sensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti di
un approccio etico e rispettoso. Un animo spezzato e distrutto non si
può più riparare completamente, l’animale perde per sempre la sua natura
e la sua spensieratezza.
(Fonte: http://www.greenstyle.it)
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