Cremona, pene fino a un anno e 3 mesi per direttrice e collaboratrici
Respinti
i ricorsi delle difese e condanne confermate per le uccisioni di
animali al canile comunale di Cremona. La Cassazione ha reso definitiva
la sentenza pronunciata il 13 aprile di un anno fa dalla Corte d’appello
di Brescia: un anno e 3 mesi per Cheti Nin, all’epoca vice presidente
dell’Associazione zoofili cremonesi, che in base ad una convenzione con
il Comune aveva in gestione il Rifugio del cane di via Casello; nove
mesi per ciascuna delle due volontarie, Elena Caccialanza e Laura
Gaiardi.
A tutte era stato concesso il doppio beneficio della
sospensione condizionale della pena e della non menzione. In primo
grado, nel febbraio del 2015, il tribunale di Cremona aveva condannato
Cheti Nin a due anni e 2 mesi di reclusione e le due volontarie a un
anno e 3 mesi ciascuna.
Le tre imputate sono state giudicate colpevoli
delle uccisioni di cani e di intere cucciolate attuate «con crudeltà» e
«senza motivo» attraverso i farmaci eutanasici Tanax e Penthotal Sodium e
di esercizio abusivo della professione veterinaria per la
somministrazione dei farmaci e per avere vaccinato gli animali e rimosso
punti di sutura.
L'Appello bresciano aveva assolto Cheti Nin, difesa
dall’avvocato Ennio Buffoli, dall’accusa di avere soppresso Matisse, un
cucciolo di Labrador, e due pastori tedeschi, proprietà di due fratelli
che li avevano affidati al canile. Altri episodi sono finiti sotto la
scure della prescrizione. Per le parti civili, risarcimento di 10mila
euro alla Lega nazionale per la difesa del cane, l’unica associazione
animalista ammessa come parte civile in secondo grado a Brescia. Non
erano stare invece ammesse le costituzioni di Enpa, Oipa Italia e
Anpana, che nel processo a Cremona avevano ottenuto 2.500 euro a testa.
Tre sentenze in tre anni, un record per i tempi della giustizia. Un
esposto presentato nel 2008 aveva fatto da innesco alle indagini.
I fatti erano avvenuti fra il 17 agosto del 2007 e il 3 marzo del 2009,
quando si erano materializzati i carabinieri del Nas, che avevano messo
sotto sequestro la struttura. I militari avevano rinvenuto nelle celle
frigorifere 33 carcasse di animali sulle quali il veterinario Rosario
Fico, della sezione di Grosseto dell’Istituto zooprofilattico
sperimentale delle Regioni Lazio e Toscana, aveva effettuato l’autopsia.
Era risultato che 12 cani e due gatti erano stati eliminati con
iniezioni di Penthotal, analgesico non registrato in Italia come
eutanasico ma impiegato come tale. Secondo Fico si trattava di
soppressioni del tutto immotivate. «Uccisi - scriveva infatti la perizia
- senza senza che i cani manifestassero patologie tali da giustificare
la loro soppressione». La perizia aveva svelato ecchimosi, ematomi,
emorragie, segni lasciati da maltrattamenti costanti. Dalle indagini era
emerso come nel canile avessero «dichiarato il falso sulle cause della
morte di altri animali» e come i cani «risultavano essere stati
soppressi, in molti casi, senza una motivazione legittima e dopo aver
subito un traumatico contenimento fisico». Erano venuti a galla
storiacce raccapriccianti, da lager per gli animali, come quella di
cinque cani, tra cui un cucciolo, che sarebbero morti per sbranamento.
(Fonte: http://www.ilgiorno.it/cremona/cronaca/canile-lager-1.3447945?wt_mc=fbuser)
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