Il padrone tratta male i cani e il condominio li sloggia - Una Sentenza importante.

A Napoli, il giudice allontana i quattrozampe e i volatili segregati e maltrattati e condanna i detentori del serraglio a rimborsare oltre 20 mila euro di spese 





Nell’appartamento di lusso, in un quartiere residenziale del capoluogo campano, vivevano segregati dieci cani e altrettanti volatili. Inutile ogni tentativo da parte dei proprietari di coprire gli odori nauseabondi che invadevano le parti comuni fino al terzo piano. A poco servivano i lavaggi dello spazio aperto sul giardino con potenti pompe ad acqua e sapone e l’aggiunta di spray profumati agli agrumi. Per non parlare dei rumori molesti: l’abbaio insistente del branco di cani era stato solo di recente minimizzato ricorrendo a potenti sonniferi e tranquillanti.
Il giudice della Quarta sezione civile del Tribunale di Napoli Pietro Lupi ha messo fine alle sofferenze degli animali detenuti e dei vicini di casa che, disperati, avevano intentato causa nel 2011. Ha infatti disposto il sequestro e l’allontanamento dall’abitazione di tutti i cani ad eccezione di due, da scegliersi a discrezione dei proprietari, così come per i volatili. E li ha condannati a pagare le spese di lite in favore del Condominio e la parcella del Ctu, un conto salato che supera le 20 mila euro.

Se è vero che la nuova disciplina del Condominio (18-giugno-2013) dispone (art. 1138) che il regolamento condominiale «non può vietare di possedere o detenere animali domestici», è anche vero che in questo caso a pesare – e non poco – è stata la perizia del Ctu, il consulente del tribunale, che in un anno e mezzo, dal giugno 2013 al dicembre 2015, ha effettuato ben tredici sopralluoghi nel condominio, per verificare i fondamenti della denuncia. Una perizia non facile, non soltanto perché l’appartamento al piano terra aveva un giardino incassato nel terreno, in pendenza e poco visibile, ma anche perché gli inquilini, consapevoli di essere “vigilati speciali”, erano sul chi vive e bene attenti ad occultare ogni indizio odoroso e rumoroso, ricorrendo appunto anche a massicce dosi di tranquillanti nella pappa dei quattrozampe. Il Ctu ha così accertato la presenza nell’abitazione di «un vero e proprio canile privato con gabbie e reti il tutto in un contesto residenziale silenzioso e di estrema signorilità».
La storia si trascinava da dieci anni e a poco erano servite l’ordinanza sindacale dell’ottobre 2007 così come la prescrizione della Asl veterinaria del marzo 2011, che invitavano i proprietari di casa a smantellare il canile abusivo. Dopo tanto tempo il problema persisteva. La sola differenza è che chi gestisce il canile – scrive il giudice nella sentenza depositata a fine novembre 2017 - «ha modificato le gabbie. Dopo gli accessi dei veterinari, i cani sono tenuti in ambienti molto angusti e vengono somministrati farmaci per ridurli in uno stato di torpore». I cani sono chiusi in gabbie a forma di cubo, chiuse con serrature, nascoste da tettoie opache o coperte da incannucciate. Sono tutto lo spazio vitale dei cani che vengono liberati, talvolta, solo per mangiare. Ma «è il comportamento dei cani che solleva molti dubbi sulla normalità delle loro condizioni di cattività», scrive ancora il giudice. Se al primo accesso del Ctu infatti mostrano una forma di vivacità, poi si presenteranno stesi a terra, «assolutamente restii a qualunque reazione», sordi anche alle provocazioni rumorose del Ctu.
I cani vengono “spenti” dopo aver mangiato, quasi fossero drogati. Ci sono quattro setter, un volpino, due rottweiler oltre ad altri cani la cui razza non viene specificata. «Il giudice con la sentenza pubblicata il 28 novembre scorso ha accolto la domanda del condominio ex articolo 844 – spiega Dario Ferrara, di Cassazione. net – e cioè l’abbaiare dei cani e l’odore degli escrementi turba la pace e la convivenza del comprensorio esclusivo e riduce il valore degli immobili. Decisiva la Ctu che si rifà anche alle linee guida della Regione Piemonte sull’inquinamento olfattivo. Inoltre, il fenomeno dei tranquillanti riduce gli animali in uno stato di torpore con apatia e letargia». Una sentenza importante, alla luce anche dei sempre più frequenti casi di accumulatori di animali, animal hoarder.
(FONTE: www.corriere.it)

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