Una lince selvatica al guinzaglio con tanto di
pettorina trendy in giro per la città: è successo a Milano dove una
donna bulgara di 36 anni portava a spasso l’animale (un Caracal) come se
fosse un cagnolino. I carabinieri della Forestale hanno sequestrato la
lince. Ma che cosa rischia la proprietaria? Dal punto di vista penale,
l'arresto da tre mesi a un anno o un'ammenda da 7.746,85 a 103.291,30
euro. Trattandosi di pena alternativa, la signora potrebbe ricorrere
all'oblazione: il reato si estinguerebbe col pagamento di circa 51mila
euro.
Oltre alla confisca, è previsto poi che l'animale venga rinviato nello Stato dal quale è stato importato a spese della signora oppure l'affidamento in strutture pubbliche o private, in grado di curarne il mantenimento a scopi didattici e la sopravvivenza. La legge n. 150 del 1992 vieta anche l'esportazione di animali morti della stessa specie.
Gli animali da non tenere al guinzaglio
La legge è chiara. La caracalla, detta anche lince africana, rientra
nell'elenco degli animali di cui è vietata l'importazione in Italia.
Così come non si possono tenere al guinzaglio topi marsupiali, canguri,
lemuri, armadilli giganti, tapiri, falsi topi fuliginosi, lupi, orsi,
volpi. L'elenco fortunatamente è lungo e comprende anche lontre, iene o
animali che possono assomigliare ai gatti, almeno da cuccioli, come il
gatto leopardo del bengala, il gatto marmorizzato o il gatto delle Ande e
ancora il gatto dai piedi neri, salvo poi trovarseli cresciuti a
cercare antilopi in città.
La giurisprudenza
Un'infinità di animali di varie fogge e dimensioni che non si possono
detenere e che fanno rischiare il carcere. La ratio della legge è
quella di tutelare la fauna protetta oltre che l'incolumità pubblica.
Eppure la giurisprudenza è piena di casi di chi continua ad esportare
soprattutto carcasse di tartarughe. Per la corte di Cassazione,
intervenuta più volte, non si tratta di oggetti di uso personale o
domestico, ma parti di animali in via di estinzione: la loro
importazione integra un reato.
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