Divella, azienda leader nella produzione di pasta e biscotti, abbandona
definitivamente l’utilizzo di uova prodotte da galline rinchiuse in gabbia e, in
una nota apparsa sul suo sito web,
chiarisce pubblicamente la propria politica contraria all’utilizzo
delle gabbie negli allevamenti. Oltre ad adottare su tutto il territorio
nazionale l’impegno a distanziarsi dalle gabbie, l’azienda ha garantito
che entro dicembre 2019 verrà l’implementato il nuovo piano per tutti i
prodotti a marchio Divella.
“Si tratta di un impegno importante, che dimostra la
sensibilità dell’azienda alle tematiche di benessere animale e che si
unisce a quello già preso da altre aziende concorrenti come Garofalo, De
Cecco e Pasta Zara”, commentano da Animal Equality Italia.
“Ovviamente questo non risolve tutti i problemi drammatici a cui sono
sottoposte le galline all’interno degli allevamenti intensivi, ma Divella sta contribuendo in modo importante al miglioramento delle condizioni di vita degli animali allevati a scopo alimentare”, dichiara Matteo Cupi, direttore esecutivo dell’organizzazione animalista.
E aggiunge: “Stipare le galline in gabbie è una pratica inaccettabile.
Molti studi hanno dimostrato che le galline sono animali sociali e
creature molto sensibili, con un’intelligenza pari a quella di molti
mammiferi. Eppure questi animali sono costretti a vivere in gabbie
sporche e senza alcuna possibilità di compiere tutti quei movimenti
naturali necessari per il loro benessere”.
Tra le molte aziende del settore che hanno deciso di fare la loro
parte per liberare le galline dalle gabbie, Divella ha sicuramente un
ruolo importante per spingere anche altre aziende concorrenti a cambiare la tipologia di uova utilizzate in tutti i prodotti, con una comunicazione chiara e trasparente.
“Questa politica denota l’impegno serio preso da un’azienda fondamentale per diffondere la sensibilizzazione su questo importante tema,
a differenza di altri giganti del settore come Bauli, che non sembra
affatto impegnarsi sul tema. Ci auguriamo che anche la concorrenza apra
gli occhi e capisca che non c’è più futuro per le gabbie negli
allevamenti”, conclude Cupi.
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