Le notizie delle atrocità associate alla produzione di olio di palma hanno
portato tante persone a rifiutare l’uso di olio di palma e per questo motivo
tante aziende produttrici si sono dirottate, per produrre burro e
formaggi vegani verso l’olio di cocco che si trova anche in molti
shampoo, lozioni e cosmetici vegan. Basti pensare che, per un motivo o per
l’altro, le vendite di acqua di cocco hanno avuto un incremento del 400%.
In Occidente vi è una crescente richiesta di prodotti a base di noce di
cocco, una moda del momento che nasconde una realtà drammatica di sfruttamento e maltrattamento per molte scimmie,
utilizzate dai piccoli produttori del Sud-Est Asiatico in luoghi come
la Thailandia, la Malesia, lo Sri Lanka e l’Indonesia, nella raccolta
delle noci di cocco.
I macachi a coda di maiale sono
utilizzati in questo lavoro e vengono strappati alla loro madre quando sono
ancora piccoli per addestrarli a tale raccolta. Vengono preferiti dai loro
“padroni” perché a differenza degli
umani sono forti, amano arrampicarsi, non si lamentano, non protestano per i
salari, non hanno bisogno di assicurazioni e lavorano instancabilmente come “macchine viventi”.
I
primati maschi possono raccogliere fino a 1600 cocchi al giorno mentre sono 600
per le femmine, mentre gli umani riescono a malapena a raggiungere 80 cocchi
giornalieri.
Al termine di ogni addestramento, le
scimmie sono tenute in gabbia, con nessuna opportunità di poter socializzare. Una vita di sfruttamento e maltrattamento che
non viene considerata dallo sguardo del turista che rimane incantato e
divertito dalle loro corse buffe, legate a una catena, lungo i tronchi per
raggiungere il cocco.
Purtroppo, il lavoro e la sottomissione delle scimmie è un vero e
proprio sfruttamento di animali altamente intelligenti. Queste
scimmie trascorrono tutta la loro esistenza incatenate a raccogliere noci di
cocco, che ovviamente non hanno neanche il diritto di mangiare,
costrette a lavorare e ad obbedire alla volontà degli esseri umani fin da
piccole. Cosa ancora più preoccupante, il macaco a coda di maiale è
considerata una specie vulnerabile dall’Unione Internazionale per la
Conservazione della Natura, cosa che però non impedisce il loro sfruttamento.
E di fronte all’industria delle noci di cocco, vero colosso dal valore
di 2,2 miliardi di dollari, ovvero poco meno di 1,9 miliardi d’euro, il
benessere di queste scimmie sembra essere poca cosa.
Per evitare di partecipare
indirettamente allo sfruttamento dei macachi, evitatiamo i prodotti contenente
noce di cocco.
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