- In Cina sono presenti circa 25 specie di primati, di cui 15-18 contano meno di 3.000 individui sopravvissuti nello stato selvatico, secondo un nuovo studio.
- Negli ultimi due decenni, due specie di gibboni si sono estinte, mentre altre due specie contano meno di 30 individui nel Paese.
- I ricercatori avvertono che le distribuzioni di primati in Cina potrebbero ridursi dal 51 all'87% entro la fine di questo secolo.
- L'espansione dell'habitat adatto ai primati è fondamentale, affermano i ricercatori, così come la priorità di una rete di corridoi protetti in grado di collegare le sottopopolazioni isolate di primati.
La maggior parte dei primati in Cina potrebbe scomparire entro la fine di questo secolo, avverte un nuovo studio.
La Cina è il secondo Paese più ricco di primati in Asia, con 25
specie conosciute di primati non umani, tra cui lorisidi, macachi,
entelli, scimmie dal naso camuso e gibboni. Dagli anni ’50, tuttavia, le
popolazioni di primati sono diminuite drasticamente, in gran parte a
causa della rimozione di ampi tratti di foreste per fare spazio a
terreni agricoli, piantagioni, industrie, strade, ferrovie, altre
infrastrutture e all’urbanizzazione. In questo panorama in rapida
evoluzione, i primati della Cina stanno lottando per sopravvivere.
Circa l’80% dei primati cinesi sono attualmente elencati come
minacciati (vulnerabili, in via di estinzione o in grave pericolo) nella
Lista Rossa dell’IUCN, riferiscono i ricercatori nello studio Biodiversity and Conservation, che ha esaminato la situazione dei primati nel Paese.
Delle 25 specie di primati, tra le 15 e le 18 contano meno di 3.000
individui sopravvissuti allo stato selvatico. Due specie di gibboni, il
gibbone dalle guance bianche (Nomascus leucogenys) e il gibbone dalle mani bianche (Hylobates lar yunnanensis),
sono scomparsi in Cina negli ultimi due decenni. Anche se le due specie
di gibboni sono presenti in altre parti dell’Asia, la loro situazione è
terribile: sono elencate come in pericolo (gibbone dalle mani bianche) o
in grave pericolo (gibbone con le guance bianche) secondo la Lista
Rossa IUCN.
“Profili così pessimisti in realtà non mi hanno sorpreso – dato che
sono cresciuto nelle campagne della Cina, sono impegnato da anni con la
zoologia della regione e ho assistito alle procedure dei danni
ambientali”, ha detto a Mongabay in una email il co-autore Ruliang Pan,
un ricercatore aggiunto alla University of Western Australia. “La mia
più grande preoccupazione, forse quella di tutti i coautori, è quanto
tempo hanno ancora i primati in Cina per coesistere con gli umani.
Avevamo una grande scimmia (l’orangotango) e due specie di gibboni, che
si sono estinti in un batter d’occhio”.
Anche altre due specie di gibboni potrebbero presto dirigersi verso l’estinzione in Cina. Il gibbone di Hainan (Nomascus hainanus)
conta solo circa 20 esemplari rimasti in natura, tutti nella riserva
naturale nazionale di Bawangli sull’isola di Hainan. Allo stesso modo,
il gibbone dal ciuffo (Nomascus nasutus) conta solo circa 100 individui in Cina e Vietnam, con meno di 30 che vivono in territorio cinese.
In effetti, 13 delle 25 specie di primati in Cina annoverano meno di
1.000 individui rimasti in natura. Tra questi ricordiamo il recentemente
nominato gibbone Skywalker (Hoolock tianxing), il lori lento pigmeo (Nycticebus pygmaeus), il macaco d’Arunachal (Macaca munzala), il macaco nemestrino settentrionale (Macaco leonina), il rinopiteco di Strykeri (Rhinopithecus strykeri), il rinopiteco dal mantello bianco (Rhinopithecus brelichi), il presbite dalla testa bianca (Trachypithecus leucocephalus) e il presbite di Shortridge (Trachypithecus shortridgei).
Per vedere cosa potrebbe accadere in futuro, i ricercatori hanno
modellato gli effetti dell’espansione dell’agricoltura sulle
distribuzioni dei primati nei prossimi 25-75 anni. Hanno scoperto che
nello scenario più “ottimistico”, nel quale si presume che il Paese si
muova verso una società più pulita e più efficiente sotto il profilo
delle risorse, la distribuzione dei primati diminuirà probabilmente del
51% entro il 2100. Nell’ambito di uno scenario invariato, ossia dove si
presuppone che la Cina continuerà con le sue attuali politiche
nazionali, gibboni, lori e la maggior parte delle specie degli entelli
andranno perse. Infine, secondo lo scenario “pessimista”, che presuppone
che le politiche nazionali della Cina consentiranno all’agricoltura di
espandersi nelle aree attualmente protette, le distribuzioni dei primati
si ridurranno dell’87% entro la fine di questo secolo – cioè, la
maggior parte delle popolazioni primate cinesi si troveranno ad
affrontare l’estinzione.
“Il modello del documento prevedeva alcuni peggiori scenari sullo
stato dei primati in Cina nei prossimi 25-75 anni”, ha spiegato in una
email a Mongabay Wen Xiao, ricercatore presso l’Istituto di ricerca
sulla biodiversità dell’Himalaya orientale all’Università di Dali, nello
Yunnan, che non faceva però parte dello studio. “Potrebbe non andare
così male, perché per la maggior parte si basa sui dati riguardanti la
rapida espansione agricola avvenuta in Cina tra il 1961 e il 1990; ora
la deforestazione e la tendenza all’espansione dell’agricoltura si sono
invece in qualche misura attenuate come suggerito in questo studio. Ma
la gente dovrebbe sapere quanto può mettersi male e stare all’erta.”
Pan ha detto che è fondamentale per il Governo cinese rimodellare le
proprie strategie di sviluppo eco-sociale. “Un buon segnale è che
l’attuale regime ha iniziato a pensare a questi problemi”.
Il governo ha avuto un certo successo con i gibboni di Hainan, per
esempio. Negli anni ’80, c’erano solo 10 gibboni di Hainan rimasti in
natura, in calo rispetto ai 2000 stimati negli anni ’60. Da allora la
popolazione è cresciuta leggermente, con circa 20 gibboni di Hainan che
vivono nella Riserva naturale nazionale di Bawangli, grazie a un
programma di riforestazione che aveva come obiettivo di convertire le
piantagioni di pino in un mix di foresta nativa e non.
“Il programma mira ad aumentare le piante consumate dai gibboni;
invece di piantare specie esotiche, i semi delle piante mangiate dai
gibboni sono stati raccolti e piantati nella foresta”, ha spiegato Pan.
Questo tipo di programma di rimboschimento, che mira a ripristinare ed
espandere gli alimenti e le specie vegetali presenti in natura di cui i
gibboni e altri primati hanno bisogno, è essenziale per la loro
sopravvivenza, ha aggiunto lo studioso.
Il Governo cinese ha stanziato circa 1,6 milioni di chilometri
quadrati tra riserve naturali nazionali, provinciali o locali. Ma pochi
primati si trovano all’interno delle maggiori riserve nazionali, dicono i
ricercatori.
“Anche se la Cina ha ampliato il suo sistema di riserve naturali
(cosa che ha contribuito a ridurre la deforestazione e la caccia entro i
confini delle riserve, ma non nelle aree adiacenti ad esse), e ha
stanziato miliardi di dollari per il rimboschimento, la maggior parte di
questi programmi non sono progettati per rigenerare gli habitat nativi,
che sono cruciali per la sopravvivenza dei primati “, scrivono gli
autori nella ricerca.
L’espansione dell’habitat adatto ai primati è fondamentale, così come
la priorità di una rete di corridoi protetti che possano collegare
sottopopolazioni isolate di primati. Ancora più importante, affinché le
scimmie, gli entelli, i lori e i gibboni della Cina possano sopravvivere
nel futuro, il governo cinese, gli scienziati, le organizzazioni
nazionali e internazionali di conservazione e il pubblico cinese devono
collaborare, aggiungono i ricercatori.
“È assolutamente necessario avere un’unità congiunta internazionale
in Cina per supervisionare problemi, strategie e impegni in materia di
conservazione dei primati”, ha dichiarato Pan. “Una tale unità con sede
in un’università cinese potrebbe riunire scienziati, politici,
organizzazioni per la conservazione, sia governative che non, i social
media e il pubblico per effettuare in modo efficiente e sistematico una
serie di progetti di conservazione. Tale missione potrebbe essere
praticata attraverso la condivisione di database, informazioni e
risultati di ricerca, in particolare modelli scientifici di
conservazione”.
Paul Garber, primatologo presso l’Università dell’Illinois, ha dichiarato
che i primati non umani rappresentano i nostri parenti più stretti e
svolgono “un ruolo importante nel mantenimento della salute degli
ecosistemi delle foreste tropicali e servono come modelli per
comprendere l’evoluzione umana, la salute, comportamento, biologia,
cognizione e socialità.
La Cina sta affrontando un momento storico e ha un’ultima opportunità
per bilanciare la crescita economica con la sostenibilità ambientale,
altrimenti dovrà affrontare la perdita senza precedenti di biodiversità
animale e vegetale”, ha concluso.
Li, B., Li, M., Li, J., Fan, P., Ni, Q., Lu, J., … & Huang, Z. (2018). The primate extinction crisis in China: immediate challenges and a way forward. Biodiversity and Conservation, 1-27.
(FONTE: mongabay.comhttps://it.mongabay.com/2018/10/i-primati-della-cina-a-rischio-di-estinzione-entro-la-fine-di-questo-secolo/)
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