Cane addestrato con collare elettrico? Non è maltrattamento ma abbandono di animale - Cassazione penale, sez. III, sentenza 25/05/2016 n° 21932
L'utilizzo del collare elettrico con comando a
distanza per addestrare il cane non costituisce maltrattamento di
animale, stante la mancanza di sevizie, ma, piuttosto, la diversa
fattispecie contravvenzionale di abbandono di animale. E' quanto emerge
dalla sentenza della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione del
25 maggio 2016, n. 21932.
Il caso vedeva un uomo addestrare due cani di sua proprietà, per
scopi venatori, mediante l'utilizzo di un collare elettrico comandato a
distanza; mediante tale apparecchio, che emetteva impulsi di brevissima
durata ed energia trascurabile, i cani venivano richiamati al
proprietario ed addestrati. Non si tratta di collare antiabbaio, per il quale si configurerebbe il reato di maltrattamento di animali, ex art. 544-ter c.p.,
ma di collare per addestramento, rientrante nella diversa fattispecie
contravvenzionale di abbandono di animali, disciplinata dall'art. 727 c.p.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, l'abuso nell'uso del
collare coercitivo di tipo elettrico “antiabbaio” integra il reato di
maltrattamento di animali, atteso che ogni comportamento produttivo
nell'animale di sofferenze che non trovino adeguata giustificazione
costituisce incrudelimento rilevante ai fini della configurabilità del
citato delitto contro il sentimento degli animali (Cass. pen., Sez. III, 13 aprile 2007, n. 15061).
L'utilizzo del collare elettronico che produce scosse o altri impulsi
elettrici trasmessi al cane tramite comando a distanza si concretizza
in una forma di addestramento fondata esclusivamente su uno stimolo
doloroso tale da incidere sensibilmente sull'integrità psicofisica
dell'animale. Si tratta di una differenza non trascurabile, posto che
con il reato di maltrattamento si punisce chi dolosamente, con crudeltà o
senza necessità, cagioni una lesione all'animale o lo sottoponga a
sevizie o comportamenti o fatiche o a lavori insopportabili per le sue
caratteristiche etologiche, mentre la fattispecie contravvenzionale
punisce chi detiene animali in condizioni incompatibili con la loro
natura e produttive di gravi sofferenze.
La contravvenzione di abbandono di animali, ex art. 727 c.p.,
quindi, è integrata dalla detenzione dell'animale con modalità tali da
arrecare gravi sofferenze, incompatibili con la loro natura, avuto
riguardo, per gli animali domestici, al patrimonio di comune esperienza e
conoscenza (Cass. pen., Sez. III, 16 settembre 2014, n. 37859).
(FONTE: Altalex, 4 luglio 2016. Nota di Simone Marani - altalex.com)
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