Quattro delfini - Lapo, Alfa, Sole e Luna - ospitati in una
struttura, il Delfinario di Rimini, che non sarebbe stata adeguata alle
loro esigenze e a cui sarebbero stati iniettati calmanti e ormoni,
tanto da configurare per i vertici della struttura romagnola, l’ipotesi
di maltrattamento di animali. Un’accusa che è costata una condanna in
primo grado da parte del giudice del Tribunale di Rimini, Raffaella
Ceccarelli - rispettivamente a 6 e 4 mesi di reclusione - all’ex
direttore e alla veterinaria del delfinario.
La Procura di Rimini e la Lav, assistita dall’avvocato
Carla Campanaro, annuncia l’associazione animalista, «hanno chiesto e
ottenuto la confisca» dei quattro mammiferi sequestrati nel 2013 dal
Delfinario, che nel frattempo ha chiuso i battenti. Il sequestro era
scattato il 12 settembre di sei anni fa, tra mille polemiche. Gli
animali saranno affidati ai Ministeri competenti - ambiente, Salute e
Politiche Agricole - e non potranno essere messi in vendita: una novità
assoluta per l’Italia che apre un nuovo importante e positivo capitolo
nella tutela giuridica degli animali”.
A pesare in particolare sulla qualità di vita degli
animali, secondo la Lav, l’inadeguatezza della struttura con la
«mancanza di sistema di raffreddamento e di ombreggiatura con
conseguenti temperature elevate per i delfini, la bassa profondità della
vasca e il ricambio d’acqua che richiedeva molte ore».
Circostanze negate dagli imputati che, sottolinea la Lav,
hanno sempre «respinto ogni accusa ribadendo di avere sempre agito
secondo le norme e di essere ricorsi a trattamenti che, a loro dire,
erano noti persino agli uffici dell’Ausl».
Ora con questo procedimento, viene evidenziato ancora
dall’associazione, «siamo stati i protagonisti del primo processo in
Europa» a un delfinario per il quale «sono emerse responsabilità
gestionali e strutturali e dunque responsabilità penali rilevanti. Ci
chiediamo come sia stato possibile il protrarsi di una simile gestione,
peraltro per una città che aveva fatto di tale struttura un polo di
attrazione. Ci auguriamo che questa penosa vicenda giudiziaria di
`malagestione´ sia l’occasione per ripensare, in modo rigorosamente
etico, moderno, educativo e soprattutto in modo adeguato alle esigenze
etologiche degli animali, il rapporto con i mammiferi marini purtroppo
ancora imprigionati negli zoo d’acqua».
(Fonte: lastampa.it)
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