Morso del cane: il proprietario è responsabile?


Cosa potrebbe succedere al proprietario di un cane se un passante, magari un bambino, dovesse accarezzarlo e l’animale, per tutta risposta, lo mordesse all’improvviso e in modo imprevedibile? Quali responsabilità avrà il padrone se dimostra di aver adottato tutte le cautele necessarie ad evitare l’aggressione, tenendo magari il cane al guinzaglio e controllandolo a vista? Se il morso dovesse essere la reazione a un comportamento errato dell’estraneo – che magari ha toccato il quadrupede sul muso o gli ha passato la mano contropelo – di chi sarà la colpa? Basterebbe dimostrare che, in passato, l’animale è sempre stato docile e non ha mai fatto del male a nessuno?

A tutte queste domande ha risposto di recente la Cassazione [1 Cass. sent. n. 31874/19 del 18.07.2019.]. La Corte ha spiegato come si interpreta l’articolo del Codice civile dedicato appunto al danno causato da animali. Ma procediamo con ordine e cerchiamo di vedere se, in caso di morso del cane, il proprietario è responsabile.

Responsabilità del padrone del cane

Il proprietario di un animale o chi lo ha in custodia per suo conto è responsabile di tutti i danni prodotti da quest’ultimo. La stessa responsabilità vale anche nel caso in cui l’animale si sia smarrito o sia scappato. L’unico modo per evitare di risarcire la vittima è dimostrare che il danno si è verificato per un «caso fortuito» ossia per una circostanza imprevedibile e inevitabile (da provare caso per caso).
Dalla lettura attenta della norma si comprende che la responsabilità del padrone del cane prescinde da qualsiasi atteggiamento colpevole di questi: il semplice fatto della relazione tra l’uomo e l’animale rende il primo tenuto a risarcire i danni determinati dal secondo.
La responsabilità è di due tipi: sia civile che penale. Il che, detto in soldoni, significa che il padrone deve, da un lato, risarcire la vittima e, dall’altro, sopportare un processo penale per lesioni colpose. Scopo del primo procedimento è la liquidazione del danno, mentre scopo del secondo è la determinazione della pena da scontare nei confronti dello Stato. Il danneggiato potrà agire indifferentemente in un modo o nell’altro o anche consecutivamente (il processo civile, però, si sospenderà in attesa dell’esito del penale). Nel caso in cui venga sporta querela e quindi si avvii il processo penale, la vittima potrà costituirsi parte civile per ottenere una prima liquidazione dell’indennizzo, salvo poi avere la liquidazione definitiva nel corso di un autonomo processo civile.

La funzione di garanzia del proprietario del cane

Stabilita la natura della responsabilità del proprietario dell’animale per i danni da questi determinati, vediamo qual è il suo ruolo nella vicenda e come può evitare tali conseguenze legali.
Gli animali sono spesso incontrollabili e, peraltro, non rispondono legalmente delle proprie condotte. Per cui la legge ha scelto di imputare tali conseguenze al proprietario: il padrone di un cane ha quindi una posizione di garanzia nei confronti della collettività. In forza di tale potere/dovere egli deve adottare tutte le cautele necessarie per prevenire le reazioni del proprio animale.
Quest’obbligo non viene meno neanche nelle cosiddette aree di sgambamento, quelle cioè appositamente predisposte dai Comuni e destinate a far correre liberamente i cani all’aria aperta. Secondo la Cassazione, infatti, anche all’interno delle aree destinate ai cani il padrone deve portare con sé la museruola e non deve mai perdere il contatto visivo con l’animale, in modo da potere intervenire tempestivamente ove quest’ultimo assuma atteggiamenti pericolosi o aggressivi.
Esempio - Ernesto porta il proprio cane Rocky in un’area di sgambamento, una sorta di giardinetto comunale nel quale ognuno può condurre il proprio animale per correre in libertà. D’un tratto Rocky vede un bambino e inizia a rincorrerlo per giocare. Il piccolo però, per timore, si mette a scappare. Questo fatto fa spaventare l’animale stesso che, per reazione, lo morde. Dieci giorni di prognosi per riprendersi dalla ferita e dallo spavento. Ernesto, ritenendo di essere nel giusto perché il proprio animale si trovava in una zona destinata, appunto, allo sgambamento, si difende sostenendo di non avere alcuna responsabilità – risarcitoria e/o penale – per l’evento. Ma il suo avvocato non riesce a convincere i giudici che lo condannano ugualmente.

Aree di sgambamento per cani: diligenza e prudenza del padrone 

I Comuni o le Asl predispongono di solito un regolamento comportamentale per chi si vuol avvalere delle aree di sgambamento. Regolamento che dovrà essere conosciuto e letto attentamente da chi si avventura in tali luoghi. Nel caso della Lombardia, ad esempio, si stabilisce l’obbligo dei proprietari di tenere a disposizione la museruola e di essere sempre presenti all’interno dell’area per controllare costantemente il comportamento dell’animale. Il contatto visivo padrone-cane, quindi, non deve essere mai interrotto. L’animale è, di per sé, un essere imprevedibile e, per quanto di natura mansueta, non si può mai escludere che faccia le bizze o, per le ragioni più imponderabili, che assuma atteggiamenti aggressivi verso altri animali o persone.

La responsabilità non è solo del proprietario

La responsabilità – civile o penale – per i danni causati dall’animale non è solo del proprietario ma di chiunque abbia con questi una relazione di fatto. Tale è ad esempio il dog-sitter o anche il marito o la moglie del proprietario formale dell’animale.
Esempio - Luca ha appena sposato Mariella, proprietaria da due anni di un husky. Il cane va a vivere insieme alla coppia. Quando Mariella è al lavoro, il marito porta il cane a passeggio; ma un giorno l’animale morde un passante procurandogli una grave ferita. Il danneggiato fa causa a Luca e sporge contro di lui anche una querela per lesioni. Luca si difende sostenendo che, all’anagrafe canina, il titolare dell’animale è Mariella, per cui lui non ha alcuna responsabilità. Ma i giudici giustamente lo condannano: non rileva infatti la proprietà dell’animale ma la detenzione di fatto. È chi custodisce il quadrupede – a prescindere dal fatto che ne sia o meno il proprietario – che deve adottare ogni possibile cautela per scongiurare possibili condotte lesive, persino quando quest’ultimo si trovi all’interno di un’abitazione.
Secondo la Cassazione [2 Cass. sent. n. 19506/19 del 19.07.2019.], però non è responsabile del cane chi, pur stando a stretto contatto con lui, non vi ha un’apprezzabile relazione. Non basta vivere con il cane per essere responsabile dei danni che cagiona. È necessario avere, se non la proprietà, almeno un’apprezzabile relazione con l’animale.
Esempio - La parrocchiana di una chiesa ha un cane di proprietà che vive sempre nel sagrato. Ogni tanto il sacerdote gli dà da mangiare ma è tutto ciò che fa per la bestiola. Per il resto se ne prende cura la donna. Un giorno il cane morde un uomo che fa causa al prete. Secondo la Corte però quest’ultimo non è responsabile perché non ha con lui un rapporto apprezzabile nonostante la convivenza.
Per gli Ermellini è vero che il Codice civile configura una responsabilità oggettiva a carico del proprietario o dell’utilizzatore dell’animale e che il danneggiato deve limitarsi a provare il rapporto di causa-effetto tra il comportamento dell’animale e il danno subito, ma è altresì vero che la responsabilità resta imputata a chi si trova in relazione con l’animale perché ne è proprietario o perché ha comunque un rapporto di custodia sul medesimo. Nell’esempio di prima, è stato accertato che il parroco non aveva un’apprezzabile relazione, anche solo di fatto, con l’animale che potesse giustificare la sua responsabilità per omessa custodia del medesimo.

Se il morso è causato da imprudenza della vittima

Secondo la Cassazione, il comportamento imprudente della vittima può, tutt’al più, determinare un concorso di colpa con il proprietario ma non arrivare ad escluderne la responsabilità, a meno che il danno non sia il frutto di «comportamenti caratterizzati da abnormità e da assoluta eccentricità». Si pensi a un bambino che tira la coda al cane o gli tira un pugno sul muso.



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