"I segreti dell'immunità". Tutto ciò che possiamo imparare dagli animali su igiene e controllo delle infezioni
L’etologo Christian Lenzi, con il libro «I segreti dell’immunità», spiega che gli umani devono imparare dagli animali a gestire infezioni e malattie
I macachi giapponesi lavano con cura il proprio cibo prima di ingerirlo. I ricercatori, infatti, hanno scoperto che la specie ha imparato a difendersi dalle infezioni. Secondo l’etologo Christian Lenzi, questo può essere inteso come un perfetto esempio di immunità comportamentale. L’insieme dei comportamenti immunitari delle specie animali può fornire risposte ad un antico interrogativo con cui, mai come nel 2020, ci siamo ritrovati a dover fare i conti: come affrontare gli agenti patogeni. Secondo Lenzi, si può imparare molto dalle specie animali su igiene e controllo delle infezioni. E nel suo libro, edito da Lindau, racconta I segreti dell’immunità.
ALLA BASE DEL LIBRO RITROVIAMO il concetto di immunità interpretato come un fenomeno che va oltre la semplice difesa biologica degli esseri umani e delle altre specie. «Con una visione più ampia, l’immunità include necessariamente anche sistemi e patterns che riguardano i comportamenti, di un singolo individuo o di un intero gruppo, che hanno come fine ultimo l’attivazione della risposta immunitaria», spiega Lenzi. Inoltre, secondo l’etologo, c’è una stretta relazione tra capacità igieniche e successo adattativo. Ma sarebbe errato pensare che una specie sia in grado di sviluppare un adattamento in termini di igiene e controllo delle infezioni in maniera «autonoma», in base alla variabilità delle condizioni ambientali, come la presenza di una pericolosa malattia infettiva.
«NELL’OTTICA DELL’EVOLUZIONE, infatti, è più ragionevole pensare che se un dato comportamento aumenta le difese immunitarie, questo abbia portato un certo vantaggio selettivo a chi lo manifesta». Alcune risposte immunitarie coinvolgono direttamente la «struttura sociale», in questo senso si fa riferimento all’«immunità sociale», un fenomeno che riguarda la cooperazione dei singoli membri del gruppo per ridurre il rischio di trasmissione di malattie. Tra le specie che presentano una capacità di immunità sociale ci sono le specie eusociali – o super organismi – come le formiche, le termiti e le api. Negli insetti, quando un gran numero di individui acquisisce una certa immunizzazione, si forma un vero e proprio «muro immunitario», che impedisce la trasmissione dell’agente patogeno. Questo fenomeno riflette un concetto più volte menzionato durante questi mesi di pandemia: l’immunità di gregge.
IN QUESTO SENSO, IL LIBRO DI LENZI traccia un parallelo tra i comportamenti immunitari delle specie animali e quelli degli esseri umani. Virus, batteri e microrganismi possono diffondere malattie e, per questo, le specie animali adottano diverse strategie per ridurre i contagi. Come ci ha mostrato il 2020, i sapiens non sono estranei a questo processo. L’autore risponde a questa domanda: cosa possiamo imparare dagli animali in termini di igiene, immunità e controllo delle infezioni?
La risposta è: moltissimo. Lenzi offre uno sguardo unico sul mondo animale che reitera quanto sia preziosa la conservazione delle specie: non solo abbiamo molto in comune con le altre specie terrestri ma, per molteplici aspetti, ne dipendiamo. L’attività umana che degrada e altera gli ecosistemi non farà altro che incrementare la diffusione di agenti patogeni sconosciuti.
«I SEGRETI DELL’IMMUNITA’» racconta la lotta costante delle specie animali contro i pericoli delle malattie infettive. Scopriamo, così, che gli esseri umani non hanno «inventato» nulla, nemmeno la quarantena. Un individuo infetto, per esempio, può essere allontanato dai proprio simili per impedirgli di contagiare il gruppo: avviene in alcune specie di scimmie dove gli individui malati vengono scacciati con comportamenti di minaccia.
SECONDO LENZI, LE STRATEGIE DIFENSIVE dalle api sono quelle da cui potremmo apprendere di più. «Oltre all’uso di propoli come se fosse gel disinfettante, uno dei meccanismi più efficaci riguarda la possibilità di modulare la struttura sociale e le relazioni inter-individuali», spiega l’etologo. «Infatti, all’interno dell’alveare, in caso di epidemia, i membri più fragili (come la regina e le larve) vengono isolati in modo da non entrare in contatto con gli individui più esposti all’ambiente esterno».
TRA LE REAZIONI IMMUNITARIE che più ci riguardano c’è anche l’evitamento. Negli esseri umani, il comportamento di evitamento è coordinato dal sistema neurale del disgust adaptive system: il sistema percepisce l’agente patogeno nell’ambiente circostante e innesca risposte emotive che ne facilitano la reazione di evitamento. È una sorta di sistema di allarme preventivo. Per questo, scrive Lenzi, alcuni ricercatori sostengono che così come si parla di «paura» per sfuggire ai predatori, si potrebbe parlare di «disgusto» come strategia difensiva dai patogeni. Ma i comportamenti di evitamento non vengono dettati soltanto dal disgusto. Nel caso dei bonobo, l’attivazione dei comportamenti di evitamento si basa su «sistemi multisensoriali»: le decisioni rispetto al cibo si basano sulla possibilità di contrarre qualche parassita; maggiore è il rischio di contagio e maggiore è la discriminazione operata dagli individui.
UN RUOLO PRIMARIO, TRA LE RISPOSTE immunitarie animali, poi, è svolto dall’impollinazione. «Quando un’ape o una volpe volante (una specie di pipistrello) si spostano tra un fiore e l’altro in cerca del nettare, trasportano il polline», spiega Lenzi. In questo senso, le specie modificano, in qualche modo, l’ambiente in cui vivono: è la «costruzione di nicchia» e deriva dal bisogno della specie di rendere l’ambiente il più possibile adatto al proprio «mestiere biologico». Possiamo considerare come «costruzione di nicchia» anche tutte quelle «modifiche» che hanno come risultato l’immunità nei confronti dei patogeni.
SAPPIAMO ANCHE CHE L’«ETICHETTATURA» può svolgere un ruolo importante nella diffusione delle infezioni. Le strutture di nidi o tane influenzano la velocità con cui avviene una diffusione epidemica tra gli individui di una specie. Ad esempio, negli insetti eusociali, i nidi sono costruiti con una separazione degli ambienti interni per ritardare la trasmissione di malattie e contenere un focolaio infettivo. Anche le tane dei tassi sono suddivise in «zone»: dall’esterno sono facilmente riconoscibili per la presenza di buche piene di feci nei pressi dell’apertura principale, un chiaro segno di un comportamento che tiene gli ambienti separati. Inoltre, è stato osservato che i tassi usano diversi ambienti alla volta per dormire, al fine di combattere più efficacemente gli ectoparassiti.
DIVERSE SPECIE DI UCCELLI, POI, utilizzano erbe aromatiche nei nidi. Le erbe svolgono una funzione nel rafforzare il sistema immunitario dei pulcini e nel ridurre la presenza di pidocchi, pulci e altri parassiti. Lenzi sostiene che, dal punto di vista evolutivo, le strategie di tipo individuale possono risultare vincenti, ma quelle di tipo collettivo possono rappresentare un enorme vantaggio. Eppure, va fatta una distinzione tra le risposte immunitarie collettive degli animali e quelle degli umani. «Credo che la differenza principale sia una: la nostra disorganizzazione. La specie umana rientra a tutti gli effetti nella categoria di quelle definite sociali. Purtroppo, però, nel corso della nostra storia recente abbiamo un po’ perso la nostra capacità di agire uniti per il bene comune…Il Covid-19 ci ha mostrato quanto l’egoismo di uno possa compromettere la salute di molti».
(Fonte: ilmanifesto.it)
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