La Nuova Zelanda salva il Kiwi dall’estinzione

 


 Gli studiosi hanno nuovamente registrato il canto di questi uccelli in molti siti che erano rimasti silenziosi solo cinque anni fa

Un grido acuto e penetrante o un gracidio gutturale. Quest’anno dalla Nuova Zelanda arrivano buone notizie: si risente il singolare canto del Kiwi, l’iconico e gracile uccellino simbolo dell’arcipelago. Il 50% dei siti che erano rimasti praticamente senza esemplari di Kiwi nel 2016 cominciano ora gradualmente a ripopolarsi.

È incredibile, dice Ngaire Sullivan, coordinatore di Kiwi Coast, un’organizzazione ombrello che supporta più di 180 iwi (aggregazioni di nativi) e comunità nel Northland che lavorano per proteggere il Kiwi. Ed è effettivamente una vittoria: la Nuova Zelanda non ha mammiferi terrestri nativi, quindi molti dei suoi uccelli nativi sono estremamente vulnerabili ai predatori introdotti.

Ratti, ermellini e cani sono stati devastanti proprio per il Kiwi: solo il 10% dei pulcini sopravvive fino a sei mesi, con più della metà uccisi dagli ermellini.

Ma ora, grazie a svariate attività di recupero, qualcosa sta cambiando.

Le specie di Kiwi

Gli uccelli della specie Kiwi sono endemici della Nuova Zelanda e ne sono il simbolo nazionale. Gli esemplari femmina sono più grandi dei maschi, soprattutto prima di deporre le uova. Rappresentano l’unico genere della Apterygidaee e possono essere classificati in 5 diverse specie differenti, alle quali vanno aggiunge anche 2 sottospecie:

  • Apteryx australis: è il cosiddetto kiwi bruno o kiwi australe e comprende 2 ulteriori sottospecie native rispettivamente dell’Isola del Sud e dell’Isola Stewart (o Maori Rakiura)
  • Apteryx haastii: è il cosiddetto kiwi maculato maggiore, ancora diffuso nella parte nord-occidentale dell’Isola del Sud
  • Apteryx mantelli: anch’esso noto come kiwi bruno, si trova solamente nell’Isola del Nord
  • Apteryx rowi: vive sulla costa occidentale dell’Isola del Sud
  • Apteryx owenii: noto anche come kiwi maculato minore

La perdita di habitat e il pericolo di estinzione 

Il realtà, il pericolo di estinzione non è ancora passato, ma sono davvero tanti gli sforzi che la Nuova Zelanda sta compiendo per ridurlo il più possibile. Se inizialmente, si stima, i Kiwi erano circa 12 milioni, con l’arrivo dell’uomo la popolazione si sarebbe ridotta fino ad arrivare a meno di 100mila esemplari nel 1998 e a 70mila soltanto dieci anni dopo. 

Secondo stime del 2019, sarebbero circa 68mila gli esemplari rimasti. Ma perché questa decimazione? Gli esperti partono dal ciclo di vita di questi uccellini: già circa il 50% delle uova deposte non si schiude per varie ragioni, mentre il 90% dei cuccioli nati è destinato a morire entro 6 mesi per cause naturali o a causa dei predatori: solo il 10% di questi raggiungerà quindi i 6 mesi di vita, e ancora meno, circa il 5%, sono gli esemplari che riusciranno ad arrivare all’età adulta. A tutto ciò vanno aggiunti, nemmeno a dirlo, la graduale perdita di habitat, la foresta pluviale, la cui estensione si è drasticamente ridotta nel tempo per dar spazio ad abitazioni e ai terreni agricoli, e i predatori, o meglio quegli animali introdotti dall’uomo, come opussum o ermellini, in Nuova Zelanda che sono poi diventati una grande minaccia proprio alla sopravvivenza dei kiwi.

Cosa ha fatto la Nuova Zelanda

Di tutto pur di salvare il proprio simbolo nazionale, ponendosi l’obiettivo di riportare la popolazione di kiwi a 100mila esemplari entro il 2030

Lo scorso anno, il Governo neozelandese annunciò così lo stanziamento di circa 20 milioni di dollari per sostenere e intensificare gli sforzi necessari per la protezione dei Kiwi, tra cui il controllo dei predatori nei territori abitati da questi uccelli, l’addestramento di cani capaci di evitare i Kiwi e la “Operation Nest Egg“, volta a prendersi cura dei cuccioli di kiwi e aumentare le possibilità di sopravvivenza.

E ora, finalmente, i richiami del Kiwi si fanno risentire. Di notte, i maschi hanno un grido acuto e penetrante e le femmine hanno un tono molto più basso e più stridulo. Una meraviglia.

 (Fonte: www.greenme.it)



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