Mari soffocati dalla plastica, solo nel Mediterraneo ce ne sono un milione di tonnellate



Oggi quasi ogni gruppo di specie marine è venuto in contatto con la plastica, con effetti negativi se non devastanti nel 90% delle specie

Tra le 10 città più inquinanti per la plastica del bacino del Mediterraneo ben 5 sono italiane: Roma (che detiene il primato assoluto), Milano, Torino, Palermo e Genova.

Complessivamente ogni anno finiscono nel Mediterraneo 229 mila tonnellate di plastiche: è come se ogni giorno 500 container scaricassero in acqua il proprio contenuto. Più della metà di questa plastica proviene da soli 3 Paesi: il 32% dall'Egitto, il 15% dall'Italia e 10% alla Turchia.

È quanto emerge dal Report del WWF intitolato “Inquinamento da plastica negli oceani. Impatti su specie, biodiversità ed ecosistemi marini”, che analizza oltre 2.500 studi sull’inquinamento da plastica nei mari, con un focus sul Mediterraneo.

Nel Report il Wwf lancia un appello in vista della prossima Assemblea delle Nazioni Unite per l'Ambiente - Unea (28 febbraio-2 marzo), perché si adotti un Trattato globale legalmente vincolante.  

Roma, rifiuti e plastica in mare e sulla spiaggia di Fiumicino(Ansa/archivio)
Roma, rifiuti e plastica in mare e sulla spiaggia di Fiumicino

La plastica nel Mediterraneo: una grave minaccia per i suoi fragili ecosistemi marini

Si stima che siano oltre un milione le tonnellate di plastica attualmente presenti nel Mediterraneo, con concentrazioni massime di circa 10,4 kg per km2. Si tratta di quantità simili a quelle presenti nelle isole di plastica oceaniche.

È stato calcolato che tra il 21% e il 54% di tutte le microplastiche globali (equivalente al 5-10% della massa di microplastiche globale) si trova nel Mediterraneo.

Il Tirreno raggiunge un triste primato: nelle sue acque si trova la più alta concentrazione di microplastiche mai misurata nelle profondità di un ambiente marino: 1,9 milioni di frammenti per metro quadrato.

Fonte principale di immissione della plastica in mare sono le attività costiere e una gestione inefficiente dei rifiuti, che peggiora ulteriormente nel periodo estivo a causa dell'aumento dei flussi turistici e delle relative attività ricreative. Seguono (con il 22%) le attività in mare che, con pesca, acquacoltura e navigazione, disperdono nasse, reti e cassette per il trasporto del pesce. 

Pescherecci a Fiumicino (Roma)(Ansa/archivio)
Pescherecci a Fiumicino (Roma)

La continua frammentazione delle plastiche in mare moltiplica le minacce per l’ambiente

Anche se la dispersione globale di plastica in natura fosse eliminata oggi stesso, avverte il Wwf, esiste una “coda lunga” di microplastiche: la loro concentrazione nel 2050 sarebbe comunque doppia rispetto a quella attuale.

Il limite massimo tollerabile di inquinamento da microplastica, oltre la quale sussistono significativi rischi ecologici, è stato già superato in diversi luoghi del mondo, incluso il Mediterraneo, l’est della Cina, il mar Giallo e il ghiaccio marino dell’Artico. 

Ecco alcuni macrodati a livello globale:

  • 8 miliardi di tonnellate è il peso di tutta la plastica presente nei mari ed oceani della Terra
  • è il doppio del peso totale degli animali terrestri e marini messi insieme (4 miliardi di tonnellate)
  • il 60% di tutta la plastica mai prodotta, è diventata rifiuto e si sta accumulando nelle discariche o nell'ambiente naturale, soprattutto negli oceani
Inquinamento da plasticaGettyImages
Inquinamento da plastica

L’inquinamento da plastica causa danni alla vita marina attraverso diversi meccanismi

Intrappolamento, ingestione, soffocamento e rilascio di sostanze chimiche tossiche sono le principali conseguenze nefaste sulla vita degli animali marini.

Le particelle di plastica più piccole, quando ingerite, possono attraversare i tessuti raggiungendo anche il cervello degli animali marini causando fenomeni di neurotossicità.

Almeno 116 specie animali che vivono nel Mediterraneo hanno ingerito plastica:

  • il 59% sono pesci ossei, molti dei quali finiscono sulle nostre tavole, come sardine, triglie, orate, merluzzi, acciughe, tonni
  • il restante 41% è costituito da altri animali marini come mammiferi, crostacei, molluschi, meduse, tartarughe e uccelli.

Una balena, ad esempio, filtra 700 mila litri di acqua ogni volta che apre la bocca assumendo una quantità enorme di plastiche e microplastiche che hanno una elevata concentrazione di inquinanti. Tanto che in alcuni mammiferi misticeti che vivono nel Mediterraneo (balene, balenottere, megattere e altre specie) i livelli di inquinanti organici persistenti o additivi della plastica, come gli ftalati, sono 4 o 5 volte superiori a quelli delle balene che vivono in zone meno contaminate del pianeta. 

Balena Ansa
Balena

Inquinamento della catena alimentare e le plastiche nei nostri piatti

Sempre più plastica viene ingerita dagli organismi marini e può risalire la catena alimentare, fino ad arrivare nei nostri piatti.

Il Report del Wwf denuncia che l’assunzione annuale di microplastiche da parte dell’essere umano attraverso il consumo di animali marini è di circa 53 mila microplastiche:

  • fino a 27 mila microplastiche dai molluschi,
  • fino a 17 mila dai crostacei,
  • fino a 8mila dai pesci.

Microplastiche sono state ritrovate nei seguenti pesci provenienti dal Mediterraneo occidentale:

  • 23% di triglie e merluzzi provenienti da 3 differenti aree di pesca del Mediterraneo,
  • 58% delle sardine,
  • 60% delle acciughe.

Crescente preoccupazione è anche legata alle nanoplastiche e i potenziali danni che possono causare, ma di cui si sa ancora ben poco.

Mercato del pesce (Danimarca)(Ansa)
Mercato del pesce (Danimarca)

Risolvere il problema alla radice

Secondo il Wwf le cause dell’inquinamento da plastica vanno identificate a monte e bisogna prevenire l’immissione di rifiuti di plastica nell’ambiente, includendo anche la riduzione della produzione di plastiche. Si tratta di un approccio molto più efficace, piuttosto che pulire l’ambiente dopo.

Inoltre è necessario e urgente un Trattato internazionale giuridicamente vincolante, che contenga regole specifiche, chiare e obblighi applicabili globalmente lungo tutto il ciclo di vita delle plastiche, in modo da consentire risposte efficaci alla crisi globale dovuta all’inquinamento da plastica.

E quindi il Wwf chiede ai governi di tutto il mondo di aderire a un Trattato internazionale che dovrebbe includere:

  • una visione chiara sull’eliminazione della dispersione diretta ed indiretta delle plastiche in natura,
  • l’obbligo di piani di rimozione delle plastiche nell’ambiente,
  • messa al bando di quei prodotti di plastica che costituiscono un rischio particolare per l’ambiente, come le plastiche monouso e le microplastiche intenzionalmente aggiunte ai prodotti,
  • divieti espliciti di scarico di rifiuti di plastica nei fiumi e nelle acque interne,
  • misurazione degli scarichi di rifiuti di plastica e i progressi fatti nella loro eliminazione,
  • l’istituzione di un organo scientifico internazionale specializzato e inclusivo,
  • accordo globale finanziario e tecnico e l’assistenza per il trasferimento di tecnologie, per sostenere l’efficace implementazione del trattato da parte di tutti i Paesi.
(Fonte: https://www.rainews.it )

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