Carne coltivata: cosa sapere prima di metterla (eventualmente) a tavola

 

Mani con guanti in lattice che impugnano posate davanti a piatto con carne trita 

Il disegno di legge che vieta la produzione e la commercializzazione della carne sintetica è stato approvato in via definitiva dal Parlamento. L'Italia non potrà comunque impedirne l’importazione da altri Paesi europei se e quando arriverà l’autorizzazione Ue a questo nuovo cibo. Nell’attesa capiamo di cosa si tratta, come si produce, quali vantaggi potrebbe avere ma anche quali sono le principali criticità.

Il Parlamento ha approvato il disegno di legge sulla carne coltivata, che vieta la produzione e la commercializzazione di alimenti e mangimi sintetici.

Un divieto, tuttavia che non sarà così decisivo: non potendo fermare le importazioni dai nostri vicini della Ue è molto probabile che, se l'Europa dovesse dare comunque il suo via libera, la carne artificiale potrà essere consumata anche nel nostro Paese.

La possibilità che, in un futuro non così lontano, potremo portare sulle nostre tavole anche polpette, bistecche e hamburger coltivati in vitro invece che ottenuti da bestiame d'allevamento è quindi molto concreta.

Lo si può già fare a Singapore, dove nel dicembre 2020 è stata autorizzata la commercializzazione dei bocconcini di pollo coltivato della società americana Eat Just e in Israele, dove è stato aperto il primo ristorante “sperimentale” a Tel Aviv che serve il pollo dell’azienda di carne coltivata SuperMeat. Negli Usa, l’autorità sanitaria ha già dato un primo via libera alla commercializzazione dei prodotti delle società Upside Food e Good Meat, sempre a base di pollo. 

Meglio quindi arrivare attrezzati e cercare di capire di cosa si tratta, come viene prodotta, i vantaggi ma anche gli (attuali) svantaggi e le incertezze da colmare di questa innovazione.

Cos’è la carne coltivata

La carne coltivata, chiamata anche in modo improprio “sintetica” o “artificiale”, è un alimento proteico ricavato da un processo di coltivazione in vitro di cellule staminali animali. Queste cellule vengono estratte attraverso una biopsia da polli, bovini o altri animali e fatte crescere su un terreno ricco di nutrienti all’interno di bioreattori, ambienti controllati dedicati a questo scopo. Dopo la crescita, queste cellule staminali, che all’inizio non presentavano alcuna specializzazione, si differenziano e si assemblano per formare i tessuti che danno origine al prodotto desiderato. In pratica si riproduce in laboratorio ciò che avviene in natura: carne a tutti gli effetti. Per farlo, però, sono stati necessari anni di studi per mettere a punto un processo complesso, fatto da tanti passaggi e di una tecnologia in grado di sostenere in maniera adeguata la crescita del tipo di cellule desiderate.

Quali sono i suoi vantaggi?

  • La sostenibilità ambientale. La popolazione mondiale sta crescendo. Secondo i dati FAO raggiungeremo i 10 miliardi entro il 2050. Di conseguenza la richiesta di cibo e di proteine è in continuo aumento (negli ultimi vent'anni il consumo di carne tradizionale è aumentato di oltre il 50% a livello globale) e bisogna trovare soluzioni sostenibili per far fronte a questa richiesta. Da questa prospettiva la carne coltivata ha molte frecce al suo arco perché promette di ridurre drasticamente le emissioni di gas serra, l’utilizzo di energia, di acqua e di suolo. I conti di questo risparmio, tuttavia, non sono definitivi, perché questa tecnologia è relativamente nuova e soprattutto in continua evoluzione, per cui non è ancora chiaro quanto sia importante il vantaggio di questa metodica sui singoli aspetti che definiscono l’impatto ambientale nel suo complesso. Uno studio, ad esempio, ha rivelato che in termini di consumo di energia, la carne coltivata è simile alla carne bovina e maggiore rispetto ad altre carni; i valori di emissioni di gas serra e di uso del terreno sono migliori rispetto ai diversi allevamenti di carne, mentre per quanto riguarda il consumo di acqua gli esiti del confronto dipendono dal tipo di allevamento di carne considerato. Per il pollo, ad esempio, il consumo di acqua è più basso rispetto a quello della carne coltivata.
  • L’aspetto etico. Essendo prodotta in laboratorio, la carne coltivata rappresenta un’alternativa più accettabile dal punto di vista etico alla produzione tradizionale di carne, in quanto evita il processo di macellazione degli animali. Tuttavia, come spieghiamo più avanti, questa produzione non è ancora completamente cruelty free.

Quali i suoi svantaggi?

  • La qualità sensoriale. È molto difficile potere riprodurre esattamente tutte le caratteristiche di gusto, odore, consistenza della carne tradizionale, anche se con il tempo si potrà giungere a un risultato sempre più simile all’originale. Come però? Il rischio è che vengano aggiunti aromi e altre sostanze, rendendo di fatto questo tipo di carne un alimento processato.
  • L’aspetto nutrizionale. Un discorso simile vale per i valori nutrizionali: la carne coltivata potrà sostituire in maniera completa quella tradizionale?  Bisogna tener conto della qualità delle proteine ma anche di vitamine e sali minerali. Alcuni composti non possono essere forniti direttamente, ma devono essere integrati come elemento a parte.

Quali sono gli aspetti ancora controversi?

  • Il benessere animale (l’aspetto etico). Per produrre questa carne viene utilizzato il feto animale e il siero fetale per prelevare le cellule staminali e per nutrirle una volta prelevate. Sottoprodotti dell’industria della carne che sono in contraddizione con un’innovazione che porta con sé la promessa di essere attenta al benessere animale e all’etica della produzione. La tecnologia, tuttavia, è in evoluzione e si sta via via passando ad altre metodiche più rispettose del benessere animale. L’auspicio è che la ricerca prosegua in modo da poter evitare del tutto lo sfruttamento degli animali.
  • La sicurezza a lungo termine del consumo di questa carne sui consumatori. Per far crescere le cellule in laboratorio vengono utilizzate diverse sostanze come zuccheri, amminoacidi e vitamine, ma anche ormoni e fattori di crescita. Inoltre, nella fase iniziale di coltivazione vengono anche utilizzati antibiotici. Ora, chi è a favore della carne coltivata, ricorda che gli allevamenti animali richiedono l’uso di antibiotici e che quest’uso è correlato al problema dell’antibiotico resistenza. Ma anche la carne coltivata potrebbe incidere su questo aspetto. È importante che le autorità preposte all’autorizzazione di questo nuovo cibo (Efsa per l’Europa) verifichino attentamente che queste sostanze non arrivino nel prodotto finito, in modo da garantire la sicurezza dei consumatori.
  • Gli aspetti di equità economica. Un’ulteriore questione controversa riguarda l’impatto che questa innovazione, attualmente in mano a poche aziende in forte espansione (ecco quali sono, link Investi) potrebbe avere sul piano socio-economico: abolire gli allevamenti intensivi potrebbe comportare una riduzione delle persone attualmente impiegate in questa industria. Inoltre, adesso questa carne alternativa ha un costo che non è ancora accessibile e alla portata di tutti, anche se in prospettiva potrebbe diventarlo.

La carne coltivata è sicura?

In linea teorica la produzione di carne coltivata non presenta criticità importanti dal punto di vista della sicurezza alimentare oltre a quelle segnalate nel paragrafo precedente. Attualmente alcuni prodotti di questo tipo sono già commercializzati (a Singapore, parzialmente in Israele, dove c’è un ristorante-test in cui si possono provare, e a breve negli Stati Uniti). Nell’Unione Europea la carne coltivata non è ancora sul mercato. Questo alimento è considerato un “novel food” e dovrà sottostare a stretti controlli e a un’autorizzazione da parte dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) prima di poter essere venduto. Un po’ come sta avvenendo per i prodotti che contengono insetti. Solo dopo che Efsa avrà valutato la sicurezza della carne coltivata, in base ai dati in suo possesso, questa potrà essere autorizzata dalla Commissione ed entrare nel mercato europeo. Il nostro Paese dovrà pertanto sottostare alla decisione dell’Unione Europea e, a prescindere dai divieti proposti dal nostro Governo, dovrà almeno ammettere i prodotti a base di carne coltivata provenienti da altri Paesi Ue se saranno autorizzati a livello europeo.

Le alternative alla carne attualmente disponibili per fare scelte più sostenibili

La carne coltivata potrà essere, semmai sarà autorizzata, una delle possibilità per ridurre il consumo di carne tradizionale ed essere più sostenibili. Ma non sarà certo l’unica o la principale.

Per cominciare si può già fare molto per ridurre o eliminare del tutto il consumo di carne. Le alternative ci sono e consistono nell’alternare o utilizzare in via esclusiva le altre fonti proteiche, come pesce, legumi (se vuoi fare in casa delle polpette vegetariane puoi seguire la nostra ricetta), uova e formaggi.

Ma si può anche ricorrere a piatti pronti, come i burger a base di proteine di soia, pisello o grano o alla “carne vegetale”, prodotti che vengono formulati a partire da legumi o altri ingredienti di origine vegetale, ricchi di proteine che, attraverso la loro combinazione, ricordano il sapore e la consistenza della carne animale (ecco cosa ne pensiamo). A patto, però, che se ne faccia un uso saltuario, dato che si tratta di alimenti molto processati, ricchi di sale e di diversi ingredienti.

(Fonte: altroconsumo.it)

 

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